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Il giardino delle delizie

1967
Titolo Originale:
Il giardino delle delizie
REGIA:
Silvano Agosti
CAST:
Maurice Ronet (Carlo)
Evelyn Stewart (Carla)
Lea Massari (L’altra donna)

Il nostro giudizio

Il giardino delle delizie è un film del 1967, diretto da Silvano Agosti

Silvano Agosti, il regista ribelle. Così si potrebbe intitolare un ipotetico e doveroso saggio su una delle figure più anarchiche e d’avanguardia del cinema italiano. Autore e regista socialmente impegnato contro ogni forma di Potere costituito, si è dedicato in pari misura al cinema e al documentario con un discreto numero di film. Duri, crudi, scomodi, per questo spesso invisi alla critica ufficiale: se N.P. il segreto e Nel più alto dei cieli sono parabole surreal-grottesche di stampo petriano, Il giardino delle delizie (1967), il suo primo lungometraggio, è un particolarissimo incrocio fra dramma umano e surrealismo, un film sperimentale avanti coi tempi, un Antonioni “in acido” che si fonde con potenti squarci buñueliani e persino pre-cavalloniani, fotografato in un ottimo bianco e nero e con le musiche di Ennio Morricone. La storia (scritta dallo stesso Agosti) è minimalista, trattandosi di un film più descrittivo che narrativo, il cui titolo deriva dall’omonimo quadro di Bosch che il protagonista osserva: Carlo e Carla (Maurice Ronet ed Evelyn Stewart) sono una coppia di sposi in viaggio di nozze. Ma la loro è tutt’altro che una luna di miele: il matrimonio è stato un formale atto riparatorio per la gravidanza della donna, così tutto diventa una noiosa routine da cui l’uomo cerca di evadere attraverso una relazione clandestina con un’altra donna (Lea Massari). Quando Carla ha un’emorragia, il marito la trascura e la abbandona, per poi tornare quando ormai è troppo tardi. Lo sguardo intimista sulla vita di coppia, la sua incomunicabilità, il triangolo amoroso è ciò che fa respirare nel Giardino delle delizie un’atmosfera riecheggiante Antonioni.

Ma Agosti va oltre: anche in una storia di singoli, il regista adotta uno sguardo socio-politico, una radicale messa in discussione dell’istituto matrimoniale e delle convenzioni imposte dalla vita borghese. Ciò si esplica sia nella narrazione in tempo reale sia nei flashback sui retroscena del matrimonio e sull’infanzia di Carlo, immerso in un’atmosfera tutt’altro che rassicurante. Complici i bravissimi interpreti (la star francese Ronet e l’icona del bis italiano Ida Galli) e i dialoghi asciutti alternati a silenzi opprimenti, ogni scena è pregna di disagio e meccanicità, come se l’unione di coppia fosse un lavoro d’ufficio da sbrigare – e in tal senso non siamo lontani dal futurismo di N.P. il segreto. Perché in fondo Agosti (uomo e regista, che in lui sono un tutt’uno) mette in discussione ogni istituzione: il lavoro, la coppia, la scuola, la Chiesa, lo Stato e i suoi (dis)servizi (ricordiamo il documentario Matti da slegare), adottando una prospettiva rousseauiana e naturalistica che mette al centro di tutto l’Uomo e la Natura, opposti alle convenzioni sociali che sono il male degli individui (essenziale in tal senso è un altro suo documentario, D’amore si vive). Se il matrimonio fra Carla e Carlo sono la convenzione (o la Cultura, per dirla alla Rousseau), il personaggio enigmatico e affascinante di Lea Massari rappresenta la Natura, la passione, l’evasione, la soddisfazione naturale del desiderio. Non a caso, Ronet non riesce mai a consumare come si deve l’amplesso con la Stewart – scene accompagnate dal rumore dello sciacquone – mentre esprime al meglio la sua virilità con la donna vicina di camera.

Per nulla secondaria è anche una feroce satira sulla Chiesa, sia nei potenti squarci onico/surrealisti sia nei flashback sull’infanzia di Carlo, dove il collegio dei preti è visto come una sovrastruttura formale e ambigua. Si diceva degli echi da Buñuel e anticipatori in un certo senso del più estremo “surrealismo crudele” di Alberto Cavallone: basti pensare alla processione religiosa che sfila accanto a un concerto rock pieno di hippie, la comunione blasfema dei bambini e l’immagine di Lea Massari che porta in braccio Ida Galli sulla spiaggia e nel mare. Il giardino delle delizie come lo conosciamo noi, cioè nella durata di 72 minuti, non è la versione voluta dal regista: il film andò incontro a una pesante censura che tagliò varie scene ritenute troppo audaci.