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L’uomo che cadde sulla Terra

1976
Titolo Originale:
The Man Who Fell to Earth
REGIA:
Nicolas Roeg
CAST:
David Bowie (Thomas Jerome Newton)
Rip Torn (Nathan Bryce)
Candy Clark (Mary-Lou)

Il nostro giudizio

L’uomo che cadde sulla Terra è un film del 1976, diretto da Nicolas Roeg.

L’uomo che cadde sulla Terra è uno degli esiti più bizzarri del cinema mainstream degli anni Settanta. Il film di Nicolas Roeg, che non girerà più nulla di tanto rilevante se si esclude l’eccentrico adattamento di Dahl di Chi ha paura delle streghe?, guarda al fermento hollywoodiano del tempo e alla modernità del cinema europeo, applicando in definitiva un filtro obliquamente pop a un film che ha ambizioni autoriali decisamente marcate. Insomma, un groviglio di oltre due ore. La storia è quella di un alieno (David Bowie) che precipita sulla Terra, ritrovandosi solo e senza un soldo nell’anonima provincia degli Stati Uniti. Grazie alla propria intelligenza e alle tecnologie superiori messe a punto dalla sua razza, Thomas Jerome Newton, questo il nome assunto dal diafano extraterrestre, riesce a costruire un impero fondato su alcuni brevetti tecnologici rivoluzionari. L’uomo è però preda della nostalgia per il proprio pianeta ed è costretto a vivere una vita che ritiene inutile e incomprensibile. The Rise and Fall Of Ziggy Stardust and The Spiders From Mars, album del 1972 di David Bowie, aveva contribuito a rivelare al mondo la creatività out del musicista inglese, completata intelligentemente da un’immagine da marziano pansessuale perfettamente coerente con le stranezze del personaggio. Inevitabile, dunque, che il primo film interpretato da Bowie dovesse vederlo nel ruolo di una creatura aliena.

Nel caso di L’uomo che cadde sulla Terra, l’intera struttura del film sembra essere costruita intorno alla fisicità perturbante del protagonista, che è in definitiva il centro gravitazionale di una storia altrimenti vacua. In questo senso, i riferimenti al panorama della New Hollywood ritornano utili. La conversazione è di soli due anni precedente a L’uomo che cadde sulla TerraTaxi Driver gli è perfettamente contemporaneo, Il cacciatore uscirà due anni dopo. Non è azzardato, dunque, avanzare un paragone tra Newton e i personaggi erranti e tormentati del cinema americano degli anni Settanta, anch’essi motori impazziti di storie altrimenti banali. Ma non è tutto qui: la preponderante componente fanta-pop, strettamente legata al personaggio di Bowie, rende il film un’altra cosa ancora, rilanciando la giostra di riferimenti postmoderni presenti nell’opera di Roeg. Il risultato, insomma, è un mosaico delirante e asimmetrico, per molti tratti sconclusionato, ma indubbiamente potente e sottilmente colto. Di fronte alla boriosità di alcuni dialoghi, il primo ingresso in scena di Bowie nelle sue vesti “naturali”, quelle di alieno androgino con occhi di serpente, è un momento fortemente iconico; al netto di certi manierismi narrativi (come l’insistito ricorso a stranianti montaggi alternati), lo stridore tra l’accento british del protagonista e i panorami desolanti dell’America profonda è fragoroso ed efficace.

L’interazione sessuale, che costituisce il momento di frattura fra Newton e l’ingenua moglie Mary-Lou, è rappresentata in tutto il film in espressioni bizzarre e – questo è probabilmente il segno dei tempi – sottilmente psichedeliche. Si inizia con un amplesso selvaggio, inframezzato dalla messa in scena di un combattimento tra samurai alla quale Newton assiste in un ristorante giapponese e accompagnato da un commento sonoro ossessivo e tribale, e si prosegue con una fellatio accennata e corredata da commenti sulla somiglianza con i propri genitori. Quando anche Bowie diventa parte agente del marasma sessuale del film, le cose si fanno davvero strane. Il primo amplesso consumato con la moglie è un trionfo di rimandi psichedelici (le due figure aliene che si incontrano in reverse) e fantascienza freudiana, con Bowie che letteralmente “cola” sulla donna. Il secondo amplesso, ben più selvaggio, è puro glam rock ubriaco e violento.