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Toro loco sangriento

2015
Titolo Originale:
Toro loco sangriento
REGIA:
Patricio Valladares
CAST:
Francisco Melo (Toro Loco)
Mauricio Pesutic (Señor Baldemar)
Simon Pesutic (Jano)

Il nostro giudizio

Patricio Valladares, abile nel mescolare e alternare pulp e horror, dopo la parentesi hollywoodiana col remake di Hidden in the woods riprende in mano il suo vecchio personaggio Toro Loco dirigendo il gustosissimo Toro Loco sangriento (2015). Creato insieme all’italiano Andrea Cavaletto (Dylan Dog) come fumetto e poi trasposto in Dirty love e Toro Loco, è un pistolero solitario e vendicativo che – aspetto trasandato e cappello da cowboy – si muove seminando morte. Il nuovo film dedicato alle sue avventure, grazie a un budget superiore e alla regia più matura, è un prodotto di maggior respiro – si nota subito la migliore qualità di fotografia e inquadrature, compresi split-screen – in cui, rispetto all’esperienza americana, può concedersi un’ampia libertà esprimendo la sua interpretazione del pulp, con richiami al cinema di Robert Rodriguez (El Mariachi, Machete). Toro Loco (Francisco Melo), difendendo due fratelli da alcuni spacciatori, nota su dei campioni di droga un simbolo da cui deduce trattarsi della stessa banda che anni prima uccise suo figlio. Aiutato dai due giovani e muovendosi nella malavita cilena, si mette così sulle tracce della gang per vendicarsi. Anche la polizia, dopo l’arresto di uno spacciatore, cerca di risalire al boss.

Toro Loco sangriento è da godere come un fumetto, un misto di avventura, crime-story e commedia, ricco di azione, violenza e ironia: insomma, il cocktail perfetto per ogni pulp che si rispetti, grazie anche a una buona sceneggiatura che incrocia le varie piste narrative fino alla convergenza finale. Il protagonista giganteggia col suo aspetto pittoresco, affiancato da comprimari stravaganti: i giovani fratello e sorella che lo aiutano nelle sue imprese, il travestito Lady Caca, due killer vestiti da clown, l’elegante boss col nipote paralitico, lo spietato sicario Judas, il bizzarro poliziotto Cuentrejo e il suo collega traditore, combattenti di lotta clandestina, una donna-killer e persino un Babbo Natale assassino armato con una mazza di ferro. Un mondo pittoresco, un milieu del crimine volutamente deformato da uno sguardo parossistico e semi-caricaturale; i dialoghi ricchi di gag ed esagerazioni non tolgono però spazio alla violenza e al sangue, tutto mescolato con disinvoltura da Valladares: oltre ai frequenti scontri corpo a corpo ben coreografati, si contano numerose esecuzioni a sangue freddo, dita mozzate, una tortura mediante cavo elettrico, una donna deorbitata, un uomo arso vivo, un altro sbudellato, e la feroce esecuzione in flashback del figlio del protagonista, il tutto accompagnato dagli immancabili schizzi di sangue.

Valladares sfoggia la sua consueta regia nervosa, fatta di inquadrature rapide e montaggio sincopato, forse ancora più che nei film precedenti, e questo giova alle scene d’azione, alcune decisamente riuscite, accompagnate da una colonna sonora martellante. Fra i momenti cult ricordiamo la forsennata sparatoria al mattatoio in un “tutti contro tutti” fra Toro Loco, i sicari e la polizia, la lotta mortale nell’arena fra i moderni gladiatori, lo scontro a fuoco nel night-club e la lunga ed esplosiva resa dei conti nel capannone abbandonato. In Toro Loco sangriento si spara molto, con ogni tipo di arma (ricche le scenografie e l’oggettistica, tra pistole, mitra e fucili): anche se talvolta negli spari e negli schizzi di sangue si nota l’ausilio del digitale, esso non disturba troppo – anche perché ben fatto e usato in modo accorto, a differenza di tanti film americani e italiani che siamo abituati a vedere.