Due Emanuelle ad Abu Simbel

La discesa dello Spirito su Velluto nero
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Quante ragioni ci sono, se ci sono, per ricordarsi di Velluto nero di Brunello Rondi? Ci sono. Per esempio, che è stato l’ultimo film di Ziggy Zanger, una norimberghese che a dire di Aristide Massaccesi che la ebbe in Eva nera, a poco meno di trent’anni si fece togliere tutti i denti suoi per metterne di finti. Ziggy era molto bella, comunque. Oppure si può ricordare l’apprezzamento del film fatto dal produttore Vittorio Annibaldi, subentrato al primo produttore Alfredo Bini, il quale andando in montaggio e vedendo il girato chiese se per caso non fosse una commedia brillante. L’aneddoto lo narrava Bruno Mattei. Poi, Velluto nero è il film che tenta, anzi abbozza solo, quel cross over tra Emanuelle nera (Laura Gemser) ed Emanuelle bianca (Annie Belle-Laure) che nessun altro osò mai filmare – non concepire, perché Daniele Stroppa scrisse una sceneggiatura del genere, che in un universo parallelo sarà stata certamente messa in scena da Joe D’Amato. La questione è però, anche, che alla porta di Velluto nero, sconclusionato, squinternato e sgarrupato come’è, lo Spirito del bis s’è comunque degnato di bussare. E gli hanno aperto. Ormai è chiaro che la Sua discesa risponde a certe precise condizioni, ultima delle quali non è certo l’adescamento della musica. La colonna sonora è un canale di pervietà, la via di maggiorazione dell’immagine semplice in immagine penetrata dall’Holy Ghost di questo nostro universale bis.

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Velluto nero ha quattro di queste toccate fantastiche, tutte le volte in cui si insinua, crescendo sinuoso come un serpente, il motivo musicale di Alberto Baldan Bembo di cui è un peccato non sapere il titolo: a 34’,30’’ – Ziggy cerca soddisfazione sessuale dal suo schiavo Alì, non ci riesce e lo insulta: «Non saresti capace di eccitare nemmeno una ninfomane». Lo Spirito si posa negli occhi verdi e nelle labbra tumide di lei. A 51’,21’’ le due Emanuelle, in un bordello, guardano un amplesso lesbo: qui però la percezione dello Spirito (sguardo della Gemser – seria – ad Annie Belle – ilare) è più fosca, perché la sequenza è tagliata e inconclusa. A 1,01’,55’’ Annie ad Abus Simbel cammina per i ruderi alla ricerca degli altri membri del gruppo (il film originariamente si intitolava proprio Il gruppo), finché trova la Zanger che cerca di farsi montare da due beduini; ma lo Spirito soffia precisamente nel momento in cui Annie vede Feodor Chaliapin che recita Calderon.

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Ma poi, soprattutto, la grande discesa avviene a 1,14’,38’’: è l’acme, lo zenith, l’azimut, tant’è che la serpe musicale di Baldan Bembo si srotola per qualcosa come sei minuti e lo Spirito entra dappertutto, tutto pervade: è nel kefiz del mesmerico Al Cliver; nel corpo snello della Gemser, da lui ipnotizzata e che per dono pentecostale invoca in una lingua ignota il misterioso dio del bis Wotruba, offrendogli un cruento olocausto animale; ed negli occhi sgomenti di quanti – Susan Scott, la Zanger, Gabriele Tinti, Belle, Chaliapin – son lì a far da corona al prodigio e a testimoniare la sacralità del momento. Amen.