The Banana Splits Movie

Tornano in chiave horror i pupazzi protagonisti dello show per bambini
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Nati dalla fervida mente – qualcuno, malignamente, dice alterata chimicamente – dei fratelli Sid e Marty Krofft, il The Banana Splits adventure hour è uno show contenitore prodotto dalla coppia Hanna & Barbera. Come in un circo psichedelico che macina il Magical Mistery Tour e il giapponese Kaiju Booska, i quattro Banana Splits (attori in costumi antropomorfi) eseguono sketch demenziali a cornice di cartoni animati ed episodi live action. Non mancano i momenti musicali interpretati dai “fur four” come la notissima The Tra La La Song, sospesa tra il tormentone e il coro da stadio, mentre una cascata di “laugh track” lavora ai fianchi dello spettatore. Con successo vengono trasmesse due stagioni dal ’68 al ’70 per un totale di 31 episodi programmati anche in Italia nel 1980 all’interno di Ciao Ciao, altro magazine televisivo, e nascono epigoni come i britannici Animal Kwackers.

Nel mediometraggio The Banana Splits in Hocus Pocus Park (1972), una ragazzina, invece di seguire un coniglio bianco, viene adescata da un palloncino rosa verso una dimensione cartoonesca per divenire prigioniera nel castello di una malefica strega. Dopo 45 minuti di estenuanti tentativi i quattro fricchettoni, per la prima e ultima volta rappresentati anche in versione animata, salvano la bambina ed eseguono una super funky Doin’ the banana split. Il meccanismo verrà ambiguamente riprodotto in un altro TV-movie della Hanna-Barbera: KISS Phantoms (1978), imbarazzante cult che ha più di una somiglianza con l’episodio dei Banana Splits (ma non ditelo a Gene Simmons). Nel frattempo i fratelli Krofft sintetizzano diversi show, alcuni sempre fanciulleschi e dominati da uomini in costume – su tutti Lidsville dalle atmosfere che sembrano arrivare dalla trilogia giapponese degli “yokai movie” e la serie TV Akuma Kun, girati dalla Toei tra il ’66 e il ’69 – altri, come La valle dei dinosauri o Big Foot & Wildboy, sono veri e propri telefilm fantasy avventurosi rivolti ad un pubblico leggermente più ampio.

In questo mondo coloratissimo, fiabesco e spensierato, arriva come un fulmine dal cielo, o meglio, dall’Inferno, la notizia che riporta la produzione di una versione horror dei Banana Splits. È altrettanto vero che, in tempi di siccità creativa, non vi è più nulla di sacro, ma l’aridità di questa trasposizione, bagnata sì dal sangue ma non benedetta dal cervello, lascia insoddisfatti. Manca quasi completamente il gioco delle citazioni al modello originale, i quattro pupazzoni ora sono automi che, vedendo il loro show cancellato da un avido produttore, si scatenano nello sterminio del pubblico presente al loro ultimo spettacolo. C’è qualche goffo tentativo di denuncia della società attuale (ad un elevato body count corrisponde un altrettanto corposo massacro di telefonini) ma è solo per sopperire ai vuoti di un soggetto senza idee e senza cuore, girato ed interpretato tanto svogliatamente da richiamare alla mente quel Scooby-Doo: a XXX parody dove abbonda l’ano ma non v’è traccia dell’alano.