The Assassination of Gianni Versace

Ryan Murphy racconta il mondo omosessuale

È partita anche in Italia la nuova stagione dell’eccellente serie American Crime Story: The Assassination of Gianni Versace, nei confronti della cui produzione la famiglia Versace ha espresso da subito un severo malcontento. Già prima della realizzazione, ci sono stati litigi tra il regista e i Versace in merito a quanto sarebbe stato narrato: “pura invenzione” secondo gli eredi dell’impero della moda, che ritengono che il libro di Maureen Orth (giornalista di Vanity Fair ) su cui si basa la serie sia pieno solo  di pettegolezzi e speculazioni. Al che Ryan Murphy ha risposto che la sua serie non vuole essere certo un documentario ma neanche mera fiction. La prima stagione, The People v. O. J. Simpson, che narrava del processo più spettacolare del ventesimo secolo, era stata premiata con nove Emmy e tre Golden Globe e amata dalla critica. Per la seconda stagione Murphy (American Horror Story, Glee) ha scelto un caso non meno avvincente: l’omicidio dello stilista di moda Gianni Versace. Già a  pochi minuti dall’inizio lo spettatore può sospirare un bel “wow” di meraviglia ”: sulle note dell’immancabile, ma mai inappropriato, Adagio di Albinoni, Edgar Ramirez, somigliantissimo in maniera impressionante  al vero Gianni Versace, fa subito bella mostra dei loghi della casa di moda, attraverso il suo vestiario e, soprattutto, la sua a dir poco sfarzosa villa in stile meridionale italiano, quella Casa Casuarina (oggi albergo) che nella serie  agisce immediatamente come un segreto protagonista.

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Seguono l’apparizione di Ricky Martin (già presente in diverse fiction di Murphy), credibilissimo nel ruolo del compagno di Versace Antonio D’Amico, e quella di Darren Criss (già interprete di un omosessuale in Glee), che è la copia precisa di Andrew Cunanan, l’uomo che uccise Versace nel luglio 1997. Sono elementi esteriori, certo, ma che assumono una funzione importante per un regista come Murphy che nelle sue creazioni dà sempre un valore importante agli elementi visivi e che in questo show trova pane per suoi denti, visto che la vicenda si svolge in un ambiente in cui l’elemento estetico, nello stile poi cosi ricco di elementi decorativi e di colori forti, la fa da padrone. Ricostruito minuziosamente, The Assassination of Gianni Versace ci racconta come si sia giunti all’omicidio dello stilista e come Donatella Versace (Penélope Cruz) dopo la morte del fratello abbia combattuto affinché la sua azienda restasse nelle mani della famiglia. La serie inizia con l’agguato mortale teso a Versace davanti alla sua residenza di Miami: sulle scale esterne  di Casa Casuarina, Versace viene ucciso a colpi di pistola il 15 luglio 1997 da Andrew Cunanan, un serial killer che prima di allora aveva ucciso altre quattro persone.

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Lo show racconta più vicende contemporaneamente: viene mostrato Cunanan in fuga; viene raccontato come la polizia fosse sulle sue tracce già prima della morte di Versace, pur non avendo distribuito i volantini del ricercato; e come Donatella Versace abbia fatto di tutto per non lasciare l’azienda di Gianni in mani americane dopo la sua morte. «Se qualcuno deve interpretare me, sono molto contenta che quella sia tu», avrebbe detto  Donatella Versace alla sua cara amica Penelope Cruz prima dell’inizio delle riprese, come ha raccontato la stessa attrice in una  intervista. American Crime Story ci presenta la sorella dello stilista come una donna molto forte e sicura di sé. «Lei non tiene solo unita la famiglia, ma anche l’azienda miliardaria, oggi come allora», ha affermato Murphy, definendola “un’eroina femminista”. Ma il più interessante personaggio è il killer seriale Andrew Cunanan, interpretato da Criss come un mix geniale di dio del sesso omosessuale e mostro psicopatico; ma sia nelle vesti di uno studente di moda a Nizza, sia in quelle di un callboy, in ogni aspetto della sua complessa personalità riesce a conservare il mistero e l’impenetrabilità del personaggio. Il motivo di tutti i suoi omicidi resterà alquanto oscuro. American Crime Story non racconta solo di uno scioccante omicidio che per alcuni giorni del 1997 riempì i titoli della stampa mondiale; accanto a questo, l’eccellente serie lancia uno sguardo su quello che una volta veniva definito l’“ambiente omosessuale” e che qui  altro non è che la realtà di vita di Versace.

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Figlio di una sarta dell’Italia meridionale (Murphy torna spesso, durante il racconto, alle origini semplici dello stilista e al suo percorso, quasi a celebrare un caso esemplare di self-made man), già negli anni 80 Versace viveva la sua sessualità in maniera aperta, e a Miami, con i club e i giovanotti muscolosi sulle spiagge, aveva trovato la sua Eldorado. Che poi questa vita non fosse tutta rose e fiori lo conferma il suo compagno quando la polizia gli chiede in che relazione lui fosse con il defunto Gianni Versace; Antonio D’Amico chiarisce che è suo partner, ma il poliziotto lo guarda incredulo  mentre gli rivolge una serie di domande morbose sulla vita sessuale della vittima. Murphy, classe 1965 e lui stesso omosessuale, dà molta importanza a simili aspetti. E a varie riprese durante il racconto vengono forniti al pubblico diversi elementi che ci informano sull’andamento della situazione, solamente 20 anni fa, degli omosessuali in America: scritte omofobe nei luoghi pubblici, il linguaggio usato dai poliziotti in merito agli omosessuali che  sottintende tanti pregiudizi, il trattamento ricevuto da D’Amico dopo la morte del compagno, di certo discriminante. Murphy vuole, attraverso lo show, ancora una volta, destare l’attenzione sui tanti preconcetti di cui, oggi come allora, gli omosessuali sono vittime. Il che basta a rendere The Assassination of Gianni Versace una delle serie di punta di questo 2018 appena iniziato.