Sintonizzati su Videodrome, l’arena della morte

Una trasmissione televisiva criptata proveniente dalla Malesia ha un palinsesto a base di snuff-movies, torture e sevizie.
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 Max Renn (James Woods) è il presidente di un’emittente televisiva canadese specializzata nella messa in onda di contenuti sensazionalistici: erotismo, pornografia e violenza sono i principali ingredienti con i quali la CIVIC-TV compone il suo palinsesto. Sempre alla ricerca di qualcosa che possa soddisfare un pubblico esigente come quello della CIVIC-TV, Renn si imbatte in una trasmissione satellitare criptata proveniente dalla Malesia: il contenuto di questo segnale instabile lo affascina immediatamente. Ogni trasmissione mostra sempre la solita stanza spoglia in cui uomini incappucciati compiono atti di violenza e sadismo nei confronti di vittime sempre diverse le une dalle altre. Non in grado di capire se si tratta di snuff movie o di pellicole violente a basso costo, Renn decide comunque di piratare le trasmissioni e riversarle su videocassetta. Inizia la sua ricerca su “Videodrome”, misterioso nome dietro al quale si celano i violentissimi filmati.

Ma ben presto il reale potere di quelle immagini si manifesterà. Renn inizia a essere vittima di visioni sempre più reali e sempre più spaventose, stati allucinatori in cui il suo corpo inizia a mutare mostrando segni di una contorta fusione con oggetti e tecnologia. Scoprirà che il segnale satellitare non proviene dalla Malesia ma da Pittsburgh e, nel tentativo di comprendere cosa gli stia succedendo, entrerà in contatto con molti misteriosi figuri. Il Professore Brian O’Blivion (Jack Creley), sinistro predicatore a capo della “Chiesa Catodica” che parla solo attraverso la televisione, lo condurrà a una parziale verità su “Videodrome”: dietro ai violenti video si nasconde una struttura governativa, un movimento politico il cui scopo ultimo è il controllo della mente. Da qui in avanti la realtà percepita da Renn è destinata a naufragare verso un mondo deforme e deformato, carne e tecnologia, dalla “Spectacular Optical Corporation” e dal suo “Videodrome”.

Allo stesso modo il film di David Cronenberg si avvolge su se stesso fino a creare un prisma dalle molte sfaccettature e in grado di offrire altrettanti spunti e interpretazioni. Filosoficamente, quello che ci offre il regista è un vero e proprio cambio di paradigma. Le parole di Masha (Lynne Gorman): «Questo show ha qualcosa che tu non hai, Max. Ha una filosofia. E questo è ciò che lo rende pericoloso», vanno proprio in questa direzione. La tecnologia, la televisione, “Videodrome” e il suo potere di alterazione cambiano le fondamenta stesse della società moderna. Il perché e il senso delle cose perdono completamente significato e l’unica cosa davvero importante, nel nuovo mondo tecnologico, diventa la differenza tra cosa è reale e cosa non lo è. All’interno di questo interrogativo “Videodrome” mostra tutto il suo potere e si trasforma in un nuovo percorso evoluzionistico: la televisione è talmente radicata, talmente potente, da portare mutazioni genetiche nell’uomo, da condurre verso lo sviluppo di nuovi organi in grado di elaborare la più concreta realtà televisiva. Biologicamente si tratta di un cambio così radicale dell’ambiente da indurre mutazioni irreversibili nella specie dominante: l’uomo deve evolversi per stare al passo con la sua più innovativa invenzione.

Il potere di creare illusioni era già stato attribuito alla televisione da Sidney Lumet nel 1976 con il suo Quinto potere (The Network) ma Cronenberg fa un passo in più: le illusioni create da “Videodrome” sono molto più reali e molto più pericolose. Così come è reale il piano della “Spectacular Optical” che intende usare l’interesse del pubblico per il sesso e la violenza come selezione naturale: è l’ex amico di Max, Harlan (Peter Dvorsky), che identifica come causa della debolezza americana proprio la perversione di chi è attratto da CIVIC-TV. Ed è attraverso gli “spettacoli” mostrati da “Videodrome” che viene causato un tumore a chi incappa nella trasmissione. Quale modo migliore per colpire solo la parte di popolazione abietta che nutre interesse per una violenza così gratuita?

In realtà Cronenberg, nel caleidoscopio di concetti che è Videodrome, si dimostra anche un buonissimo profeta. Il Professor O’Blivion tratteggia un mondo spietato in cui tutti saremo più noti per i nostri soprannomi televisivi, in cui la realtà cederà il passo a ciò che il tubo catodico decide di mostrarci. In questo senso la Chiesa Catodica e il suo modo di riconciliare i senzatetto alla società grazie a lunghissime sessioni di tivù, è un’evoluzione cinica ma documentata di quanto Kubrick ci aveva mostrato nel suo Arancia meccanica (1971). La cura Ludovico Van, a cui era sottoposto Alex, si basava sulla sovraesposizione a scene di violenza in modo da rendere il violento drugo adatto a un società in apparenza mite e civilizzata. “Videodrome” agisce in modo contrario: grazie al fascino che CIVIC-TV ha presso il suo pubblico intende rimuovere le mele marce dal cesto del popolo nordamericano.

Uno degli stratagemmi più efficaci a cui l’artista esperto fa ricorso per dare credibilità alle sue storie è farcire di piccoli, reali – e per questo credibili – riferimenti l’arco narrativo del racconto. Spunti della vita di Cronenberg trovano posto nel suo Videodrome. La CIVIC-TV di Renn è il simulacro della CityTV con la quale il regista è cresciuto, così come alcuni episodi del film sono piccoli frammenti di sue esperienze dirette: uno su tutti l’incontro televisivo di Renn con Nicki Brand (Deborah Harry).

Anche questo, nell’economia complessiva di Videodrome, ha un chiaro significato: l’iperrealtà mostrata da Cronenberg, per essere credibile, deve avere basi reali. La nuova carne, la fusione tra meccanica e corpo umano, il terrore e poi l’accettazione sono percorsi allucinatori che ridefiniscono un nuovo concetto di realtà e di fantasia: il cerchio della nuova filosofia che Cronenberg ci mostra si chiude. Le visioni devono attingere a qualcosa di vissuto, di concreto. E possono essere catalizzate dal potere di “Videodrome”, che comunica direttamente con la nostra mente, o innescate da altri meccanismi più volontari. La battaglia, comunque, si combatterà sempre tra realtà e visioni: il “fiero pasto” dantesco del subconscio a danno della nostra razionalità.