A Serbian Film: la dismisura serba

Quando uscì qualcuno disse che un film del genere poteva mettere a serio rischio la sanità mentale degli spettatori.
Featured Image

Cos’è il vero orrore? Per il Marchese de Sade, il meno letto e compreso dei grandi scrittori della letteratura occidentale, significava il ritorno alla natura che coinvolge, scatenando la violenza e il desiderio estremo. Il sesso, come la violenza, sono considerati da De Sade una forma di potere spietato, misterioso e demoniaco: il Potere in tutta la sua essenza, i cui limiti sono difficili da verbalizzare. L’aggressività – egli dice – è naturale, e l’uomo raggiunge solo l’ultimo parossismo del piacere da un impeto di rabbia e brutalità, quale è l’orgasmo. In qualche modo, de Sade ha portato a piena espressione il pensiero che il filosofo inglese Thomas Hobbes aveva articolato un secolo e mezzo prima: “Nel suo stato naturale, l’uomo è un lupo per l’uomo”. Qui sta l’orrore, l’orrore reale. Questa introduzione culturale serve ad avvertire gli spettatori/lettori che A Serbian Film non è sordido, violento, deprimente, nichilista, per il semplice desiderio di shock, di provocare. L’eccellente e straziante lavoro svolto del regista serbo Srdjan Spasojevic si alimenta come un vampiro del sangue intellettuale e viscerale di questi onorevoli pensatori.

A Serbian Film, opera sadiana ma non sadica, ha la chiaroveggenza di vedere la sessualità umana come una forza demoniaca capace di spingerci nella realizzazione di desideri proibiti e pericolosi, strettamente legata alla cancellazione della personalità, alla mancanza di libertà. Non sorprende che il suo eroe, Milosh, faccia un patto faustiano terribile che lo spinge a vivere l’inferno… Le agghiaccianti immagini di fisicità di A Serbian Film sono integrate perfettamente con l’acutezza del suo discorso morale pessimistico/politico. Le atrocità della guerra nei Balcani e il veleno ideologico che hanno causato sono ancora vive, in Serbia: sono frequenti le minacce a figure di spicco delle minoranze etniche, i loro cimiteri e luoghi di culto vengono dissacrati, e la reintegrazione di molti criminali di guerra nella vita civile, come membri di bande mafiose, dimostra come le forze estremiste siano in pieno boom. Per Srdjan Spasojevic non esiste una società articolata che riesca a tenere a freno la violenza. È per questo che nella sua pellicola la vita sembra proprio “quotidiana”, “normale” per le strade di Belgrado? La ex Jugoslavia è, come ci mostra A Serbian Film, uno spazio “naturale” in cui l’orrore vero è possibile. Un discorso che, non a caso, si estende e si integra con altri due film serbi inquietanti: The Trap (Klopka, 2007), di Srdan Golubovic, e The Life and Death of a Porno Gang (Zivot i smrt porno bande, 2009) di Mladen Djordjevic. Testimonianze shock di una festa di orribile aberrazione sessuale che provoca una certa rassegnazione con le sue visioni di pedofilia, tortura sessuale e omicidio, incesto e mutilazioni. Come nei testi del Marchese de Sade…

A Serbian Film inquietante a livelli mai visti nel cinema commerciale? Certamente sì. La sua estetica elegante e tenebrosa, a forti contrasti di luce e ombra, è sottolineata dall’impressionante uso del formato scope che aumenta la drammaticità delle situazioni, dalle immagini suggestive della violenza visiva, da un realismo esasperato che porta alla pura fantasia escatologica. La divisa paramilitare degli assassini che filmano e guardano Milosh è significativa. Visioni “non filmabili”: incatenata per i polsi al soffitto, e con il suo corpo nudo e spezzato, Lejla (Katarina Zutic) sanguina (ai suoi piedi si vede una pozza di sangue con i denti e un paio di pinze); la scena in cui sono sodomizzati la moglie di Milosh e il figlioletto, rispettivamente, da suo fratello, un poliziotto corrotto di nome Marko (Slobodan Bestic), e dallo stesso Milosh! Aberrante immagine che Vukmir definisce come: «il ritratto della famiglia perfetta serba». L’estetica sofisticata di A Serbian Film rende la messa in scena, il montaggio, il suo suono, le interpretazioni, una pratica significativa. La dialettica tra le diverse soggettività è perversa, sensazioni diverse e diversi modi di progettare e costruire il mondo dello spettatore e del regista si confrontano dolorosamente. Una visione affascinante e raccapricciante.