Porno-parodie: quando la paura mette a 90

Dall'horror all'hard, le porno-parodie più fantasiose che hanno stravolto i cult della paura
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C’è una pesante mancanza di letteratura complessa a pregiudicare ogni tentativo di categorizzare i prodotti dell’industria pornografica mainstream. Se gli aspetti più intellettualistici della questione restano un valido terreno di confronto culturale, quella del video porno “commerciale”, usa-e-getta, è una storia che si consuma nel momento in cui si scrive, nasce e muore senza traccia e senza segni. Situazione ancora più surreale nel caso di sottocategorie come le porno-parodie: per quello che è oggi il filone più ricco e proficuo di questo mondo, le uniche scarsissime analisi restano per così dire di settore, un pugno di approfondimenti-bollettini redatti dalla rivista Adult Video News nel corso degli anni e poco altro. Tanto ci facciamo bastare allora. La pornoparodia ha ovviamente una sua storia sotterranea che precede la consacrazione pop portata da internet. La scarsa narrativa accettata e accettabile inquadra i primi esempi di parodia pornografica pop (dunque ispirata a prodotti definiti, e non a proprietà culturali collettive) in un pugno di pseudo-cult dei primi anni ’70. Abbastanza fondamentale in questo senso è il Bat-Pussy del 1970, nel film, facilmente rintracciabile, l’eroina del titolo riceve una chiamata alle armi, indossa un costumino da due dollari e si dirige nell’antro del villain a bordo di un pallone rimbalzante da ginnastica. Qui parte un threesome assieme alla di lui amante, e i già scarsi punti di contatto con il Batman di Adam West, evidente ispirazione, si esauriscono. Non esattamente un gran biglietto da visita; più interessante in questo senso il britannico Snow White and The Seven Perverts, altro contendente all’arbitrario titolo di pioniere – una più o meno contemporanea animazione sperimentale con poco o nulla di pornografico e un ché più proprio di Gilliam e del primo Borowczyk, appena più trucido. Parlare di “parodia” per film del genere è chiaramente immaturo. A fare da punto di riferimento sono più spesso iconografie superficiali, prese nei propri aspetti più epidermici. Complice lo stigma feroce delle istituzioni sopratutto americane, la stagione del porno-chic da grande sala si chiuse presto, e con la rivoluzione televisiva di metà anni ’80 le produzioni ripiegarono su toni sempre più cialtroneschi e dozzinali. Il boom definitivo arriva a fine ’90, con la diffusione delle connessioni adsl e il conseguente stravolgimento delle logiche di mercato. La svalutazione del porno (economica ma sopratutto morale: non fa più paura) impone la ricerca di nuovi standard sensazionalistici, per convincere a investire un pubblico sempre più trasversale: e la parodia, da sottoprodotto più patetico dell’industria, diventa miniera d’oro.

La mentalità postmodernista è introiettata, la deconstestualizzazione delle icone non mette più a disagio; lo spettatore è ora il tizio qualunque, che su internet vede girare le immagini in anteprima e compra in massa i film prima ancora che vengano girati. Sull’onda di un’entusiasta autoironia proto-memetica, la parola chiave diventa professionalità. Nei prodotti del 2000 si gioca finalmente a carte scoperte, i mezzi a disposizione alzano il livello in gioco. Non più due parrucche e una sosia di Sarah Michelle Gellar, ma effetti prostatici, cgi, persino flirt con i grandi media, finalmente disposti a scherzare  sull’argomento (sempre con tutto il paternalismo del caso – buona fortuna a trovare studi maturi dedicati al fenomeno): se ne può ridere, a denti stretti. Si stima come nel decennio 2010 ogni singolo show o film mai uscito avrà la porn parody: chi ha parlato di rule 34? In uno scenario del genere, l’horror trova ancora una volta una corsia preferenziale. A fine ’90 è invasione: al cretinismo ostentato di Hung Wankenstein si affianca il primo The Texas Dildo Masquerade con Ron Jeremy, mentre ci si aggancia alle sale con i Moan ispirati a Scream. I confini con gli spoof movies si limitano, la sequenza film-parodia è quasi immediata: che a un Saw al cinema corrisponda il porno gay Bonesaw in dvd viene quasi da sé. Subentra la cinefilia: si riscoprono e nobilitano titoli ineffabili come l’Edward Penishand del ’91 (“Lo guardavo da ragazzina con le mie amiche, e ai tempi il porno neanche ci piaceva”, il ricordo commosso dell’attrice Joanna Angel) e trovano posto titoli meno banali, in operazioni sempre più colte ai confini con il post-porno sperimentale (il lavoro di Rob Rotten). E ancora mostri, make up, sangue finto, primi rozzi esperimenti digitali (un incredibile Fucking the Invisible Man con Michelle Thorne) – ma soprattutto il patto silenzioso con i fruitori, al riparo da ogni dibattito culturale o analisi di mercato, in grado di sostenere da solo un settore professionale la cui scomparsa, tra streaming e produzione amatoriale, veniva data ormai vent’anni fa. Per approfondire, non basta a questo punto che una carrellata.

Dracula Sucks – Dracula….ti succhio (1978)

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C’è sempre Dracula all’inizio di qualcosa: della letteratura moderna, dell’espressionismo europeo, dell’horror cinematografico. E c’è Dracula ovviamente anche alla base della parodia pornografica. La scelta è sconfinata, dalla versione gay a quella in parrucca coppoliana – ma non può non essere citata l’unica, mitologica apparizione dell’icona John Holmes nei panni di John Stoker e l’attore porno Jamie Gills nelle vesti del Conte. Distribuito addirittura in sala, in Italia, con titolo di circostanza.

Re-Penetrator (2004)

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Superata in fretta la fase degli instant-movies (Buffy si scriveva da sé, figuriamoci Scream), a metà anni 2000 esplode la cinefilia rimossa dell’industria pornografica californiana. Il capolavoro di Stuart Gordon è l’ultimo film di cui ci si aspettava forse una parodia, ed è invece uno dei primi a subire il trattamento. E che trattamento: sangue, gore e necrofilia a badilate, in degno rapporto all’originale. Non si scherza più.

Camp Cuddly Pines Powertool Massacre (2005)

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Il primo vero classico del sotto-sotto-genere, distribuito dal marchio storico della Wicked Pictures con tutti i crismi del blockbuster di riferimento, incluso l’innovativo formato hd. Venerdì 13, So aosa hai fatto, Non aprite Quella porta e tutti gli slasher del caso si incrociano in un bizzarro brodo postmodernista non dissimile dagli Scary Movie del periodo. Scritto e interpretato da Stormy Daniels, nome che quindici anni dopo gli appassionati di politica USA impareranno a conoscere.

This Aint the Munsters (2005)

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Tutto partì dalla tv, grande coacervo di fantasticherie spinte per il represso pubblico adolescenziale americano. Lo svisceramento delle ossessioni infantili è un rituale ricorrente, e le “conseguenze” sono queste: incredibile parodia della celebre sitcom per bambini, con i personaggi storici riprodotti fedelmente tra trucchi, estetica, persino tono cromatico della pellicola. Esperimento già tentato da un Famiglia Addams tripla x anni ’80, purtroppo introvabile.

Porn of the Dead  (2006) + The Texas Vibrator Massacre (2008)

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Rob Rotten Double Feature essenziale. Quello del regista è forse uno dei pochissimi nomi ad essere emerso dal ghetto settoriale per venire, se non discusso, quantomeno considerato criticamente su un piano mainstream – non come fenomeno pop alla Sasha Gray o Jenna Jameson, ma come vero e proprio Autore. Un Autore impresentabile, burattianaio di intrugli ultrapunk di splatter, hardcore, gonzo e maniacalità da nerd malati di horror. Qui più che mai, il binomio liberatorio gore-erotismo si presenta in tutta la sua maestosità.

The Human Sexipede (2011)

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I confini tra parodia e originalità si confondono, così come quelli tra provocazione para-intellettualistica e serena pornografia goliardica. Il lavoro originale già viveva sul crinale di questi mondi, forse uno dei primi film-meme del periodo (bizzarra diade su cui si sono costruiti imperi, come sanno bene alla Asylum). Il film del geniale e prolifico Lee Roy Myers, oltre che naturale prosecuzione del lavoro originario, conta addirittura il benestare di Tom Six: dunque, è pressoché canone.

Scooby Doo XXX (2011)

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Se ai Munsters e alla Famiglia Addams è toccato aprire le danze, questo è solamente il passo successivo. Considerando l’erotismo neanche tanto sottinteso dell’intera produzione Hannah e Barbera (per tacere della profusione di fanfiction che questo genere di cartoon ha generato nel corso de decenni), è solamente strano che ci si abbia impiegato tanto. Ideale per un confronto alla pari con l’improbabile film del 2002.

A Wet Dream on Elm Street (2012)

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Freddy Kruger è veramente il Dracula del ventesimo secolo: con il Conte, il mostro di Craven e Englund condivide tutto un sottotesto di minaccia erotica alla verginità, non-morto di mezza età e di lascivo carisma con l’hobby di infilarsi nei letti e nelle vasche da bagno di giovanissime ragazzine anglosassoni. Denti a punta, coltelli sulle dita, il concetto si ripropone archetipico. Il film del 2012 è a suo modo un trionfo, plauso commerciale e critico.

Evil Head (2013)

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Sulla scia dei successi di Myers, un altro notevole sforzo produttivo, stavolta a cavallo di un revival recente. Tra il remake di Alvarez e il ritorno di Ash nella serie Netflix, è Evil Dead-mania: il porno risponde presente, e via di Evil Head, vero e proprio kolossal di 150 minuti con più di un piede nel mainstream.  A livello budget, effetti e sforzi, molto probabilmente un investimento anche maggiore del prototipo stesso.