Non piantate quella tenda!

I migliori horror estivi ambientati nei campeggi selezionati da Nocturno
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Chi l’ha detto che il campeggio è da sfigati? Beh certo, niente a che vedere con le folleggianti abbronzature balneari o gli sciccosi fuoripista fra le montagne di Cortina. Ciò nonostante è proprio fra tende e bungalow che il divertimento, quello vero, è pronto a saltarti alla gola e farti passare ben più di un movimentato quarto d’ora. Parecchio tempo è infatti trascorso da quando quel mattacchione di Jason Voorhes e il suo fido machete aprirono per primi le danze tra gli allegri falò estivi di Camp Crystal Lake, inaugurando una nuova e prolificissima stagione del cinema horror nel quale sangue, frattaglie e crudeltà varie iniziarono a trovare fissa dimora fra una bella strimpellata in compagnia e una gustosa scorpacciata notturna di marshmallow. Imbracciamo dunque gli zaini e prepariamoci a piantare i picchetti nei luridi e brulicanti terreni di alcuni dei più interessanti camping slasher eredi della mitica tradizione del fu Venerdì 13, ben consci del fatto che il terrore è lì ad aspettarci, acquattato e al calduccio nel nostro stesso sacco a pelo.

The Burning (Tony Maylam, 1981)

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Per chi è nato e cresciuto all’ombra di Tangentolopoli e dell’inno di Mameli il nome di Cropsey forse non dirà un bel fico secco. Ma per i giovani figli dello zio Sam che, a cavallo degli anni ’60 e ’70, erano soliti piantare le loro tende nei pressi dello stato di New York, la sua leggendaria figura continua ancor oggi a popolare i peggiori incubi, resa se possibile ancor più celebre da una piccola e terrificante pellicola co-scritta e prodotta da un altro viscido Uomo Nero che di nome fa Harvey Weinstein. E se la deturpata facciona di questo ingenuo custode campestre – arrostita dalle fiamme scaturite da uno scherzoorganizzato da un  gruppetto di campeggiatori adolescenti – non figura ancora di diritto accanto alla maschera da hockey di Jason Voorhes e alla mise di pelle umana di Leatherface beh, credete, è solo un caso. Ma al buon Cropsey non frega nulla di essere famoso in mezzo mondo come il collega di lama Michael Mayers, poiché il suo unico scopo è quello di ritornare sul luogo del misfatto e, armato di cesoie extralarge e di una bruciante sete di vendetta, scuoiare quante più Giovani Marmotte possibili, compresi ovviamente i suoi vecchi e ormai cresciutelli aguzzini. Mai scherzare con il fuoco… e nemmeno con Cropsey ovviamente!

Madman (Joe Giannone, 1982)

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Chi è Madman Marz? Nessuno lo sa con certezza. Si vocifera sia stato uno sciroccato boscaiolo che, in un giorno di straordinaria follia, dopo aver mazzolato l’intera famigliola a suon di accettate, venne linciato dalla folla e condannato a penzolare appeso per il collo al ramo di un albero, salvo poi far perdere misteriosamente le proprie tracce nel folto della foresta all’indomani dell’ esecuzione. Si dice anche che basti solo evocarne l’oscuro ed eloquente nomignolo per risvegliare seduta stante il suo inquieto spirito, pronto a tornare per rovinare la festa a chiunque abbia la sfortuna di arrostire marshmallow all’ombra di un accogliente fuocherello campestre. Una sfortuna con la quale la sprovveduta Ellie e il suo allegro gruppetto di infoiati amichetti dovranno fare i conti durante il loro weekend di relax fra le fresche frasche, divenendo protagonisti involontari di uno dei camping slasher più brutali e suggestivi dei sanguinolenti anni ’80 che, seppur con qualche evidente debito nei conforti del leggendario Cropsey Killer di qui sopra, la sua dose di lurida fama se l’è meritatamente guadagnata sul campo.

Sleepaway Camp (Robert Hiltzik, 1983)

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Dieci secondi di bocca spalancata e ghigno gutturale son bastati a quel gran pezzo di ragazza di Felissa Rose per essere accolta di gran carriera nel pantheon delle più grandi scream queen di tutti i tempi, in uno dei plot twist più scioccanti di cui il cinema horror conservi ancora memoria. E dire che la nostra ben dotata signorinella era soltanto un misero e sconosciuto soldino di cacio di neanche quindici anni quando prestò per la prima volta il suo spaurito faccino, tutto occhi e tristezza, all’ormai immortale personaggio di Angela Baker. Un’innocente bambinetta rimasta orfana anzitempo di padre e fratellino, costretta dalla zia a partecipare, assieme al cuginetto Ricky, ad un affollato campeggio estivo durante il quale, a causa della sua timidezza, diverrà perfetta carne da macello per il bullyng spinto delle più formose e sfacciate compagne di bungalow. Ma quando una serie di morti particolarmente cruente inizieranno a colpire proprio i sadici bulli, ecco che la voglia di sfottere l’indifesa Angela inizierà a sparire velocemente. Anche perché, si sa, nulla è mai come sembra, e i successivi quattro capitoli di questa immortale saga dell’orrore non potranno far altro che confermarlo a più riprese, al grido di battaglia di Angela is Back!

The Prey (Edwin Brown, 1984)

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Se scegli di abbandonare le rassicuranti comodità cittadine per piantare i tuoi picchetti nel folto delle Montagne Rocciose beh, sappi che potresti incontrare gentaglia non proprio simpatica. Se poi il tuo tranquillo weekend di paura viene reso ancora più movimentato da un truculento tête-à-tête con un possente bestione deforme che pare il cugino dello Sloth dei Goonies, intento a scorticare a suon di mazzate qualunque cosa respiri senza un apparente e valido motivo, allora non puoi proprio dire di non essere andata a cercartela. Questo ha voluto insegnarci il buon Brown prima della sua prematura dipartita, confezionando una simpatica e casereccia versione campestre de Le colline hanno gli occhi con a disposizione meno della metà del talento, del cast e delle risorse che furono del mistico Craven. Un filmetto semplice, sfizioso e senza pretese che, ad essere ottimisti, è stato probabilmente visto da non più di quattro persone in tutto il terraqueo globo, contando ovviamente madre, padre e fratellino del regista.

Camping del terrore (Ruggero Deodato, 1987)

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Che diamine ci farà mai uno sciamano assassino in un campeggio estivo sperduto nella boscaglia americana? Beh, a rigor di logica dovrebbe far fuori quanti più ragazzotti possibili, specialmente se bellocci e in balia degli ormoni. Ed è appunto questa la stramba idea alla base di questo interessante filettino confezionato dal Maestro dei Cannibali in persona, scegliendo per l’occasione un killer decisamente sui generis che, per una volta, la carne umana si limita semplicemente ad affettarla a suon di coltellate a tradimento senza per forza papparsela con cipolle e Chianti. Nel mezzo di una discreta e decisamente creativa carneficina come da manuale del perfetto slasher – che l’inequivocabile titolo internazionale di Bodycount ben esemplifica – i giovani e incauti avventori del camping gestito dai coniugi Ritchie verranno malamente spediti all’Altro Mondo uno dopo l’altro, non prima però di aver scoperto a proprie spese come, dietro alla decrepita figura di questo improbabile assassino, si celi forse un terrore tutt’altro che sovrannaturale. D’altronde si sa: le apparenze inganno. Soprattutto se a darti il ben servito è un santone indiano armato di mannaia venuto direttamente dall’altro mondo.

Cheerleader Camp (John Quinn, 1988)

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Dammi una M! Dammi una O! Dammi una R! Dammi una T! Dammi una E! Questo il profetico motto che accoglie la giovane Alison e i suoi compagni di piroette al ridente campo estivo per cheerleader dove vivere un agguerrito weekend all’insegna dell’agonismo più sfrenato, tentando di portare a casa il titolo di miglior team dell’anno. Ma tra scherzetti da caserma, tradimenti sottobanco, terrificanti incubi notturni e un misterioso serial killer armato di pompon rimpinzati di lamette da barba, la vita dei nostri danzerecci atleti non sarà certo facile. Mentre il sangue sgorga peggio che in un mattatoio in piena attività e i corpi continuano a cadere sotto i glitterati fendenti del misterioso serial killer intenzionato a far valere il titolo alternativo di Bloody Pom Poms, i nostri terrorizzati protagonisti saranno costretti a mettere da parte le loro mirabolanti acrobazie per tentare di portare a casa sana e salva la pellaccia prima che sorga il sole. Ben sapendo che il sadico dispensatore di morte si cela con grande probabilità a non più di qualche bungalow di distanza.

Simon Says – Gioca o muori! (William Dear, 2006)

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Metti caso di essere in viaggio con la tua dolce metà e una coppia di amici per passare un alcolico Spring Break fra i boschi di Non Si Sa Bene Dove e di imbatterti, così per caso, in una diroccata stazione di servizio gestita, si fa per dire, da una coppia di strambi gemelli dalle rotelle non proprio al loro posto e col raggelante ghigno sornione di Crispin Glover. Cosa sarebbe meglio fare a questo punto? La logica più elementare, unita al buon vecchio istinto di sopravvivenza, imporrebbero di ingranare una bella inversione a U e ritornarsene il più presto possibile da dove si è venuti. Ma i nostri ottusi e stereotipati personaggi da film horror hanno scelto di non seguire il richiamo del pericolo, preferendo gettarsi a capofitto nelle luride grinfie di questi due fratelli assassini, intenzionati a organizzare una serie di succulenti giochi all’ultimo sangue che nemmeno gli ormai esperti animatori di Camp Crystal Lake sarebbero in grado di pianificare.

The Barrens (Darren Lynn Bousman, 2012)

The Barrens Stephen Moyer as Richard Vineyard; Mia Kirshner as Cynthia Vineyard; Allie MacDonald as Sadie Vineyard; Peter DaCunha as Danny Vineyard ©Voltage

Che cosa mai potrà esserci di più bello che partire in compagnia della propria amata famigliola per un bel fine settimana di tranquillità immersi nella natura incontaminata delle foreste del New Jersey? Proprio niente, giusto? Esattamente ciò che sembra aver pensato in cuor suo il buon Richard, intenzionato a piantare la propria tenda in quegli stessi Pine Barrens che lo avevano accolto durante le amate escursioni estive della sua infanzia. Peccato però che, oltre a un’inaspettata orda di nuovi rumorosi, maleducati e provincialotti campeggiatori spunti dal nulla per rovinare la sacra pace, qualcosa di decisamente minaccioso e tutt’altro che umano sembra aver preso dimora fra i verdeggianti e secolari pini. Qualcosa di famelico e letale, desideroso di placare la propria insaziabile fame con carne umana di prima scelta venuta incautamente a bivaccare dritta dritta nel suo territorio di caccia. Che sia il mostruoso e leggendario Diavolo alato del Jersey di cui da secoli si vocifera? Oppure è solo frutto di qualche fastidiosa allucinazione innescata dalla ferita non opportunamente curata provocata dal purulento morso di un cane rabbioso? Solo il tempo e il sangue ce lo diranno…

Final Girls (Todd Strauss-Schulson, 2015)

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Chi di noi, cinefili incalliti, non ha mai desiderato venire catapultato all’interno del proprio film horror preferito per vivere in prima persona le terrificanti avventure dei propri beniamini? Un dolce sogno proibito che tale non sembra poi tanto per la povera Max, intervenuta controvoglia a una proiezione commemorativa di Camp Bloodbath, celebre (e fittizia) pellicola splatter capostipite di un’altrettanto celeberrima saga horror nella quale la defunta madre Amanda venne a suo tempo consacrata come una delle più promettenti scream queen. Ed è proprio durante un improvviso incendio divampato durante una concitatissima proiezione di mezzanotte gremita di nerd fan sfegatati che la ragazza, assieme a un gruppetto di amici intimi, si ritroverà inspiegabilmente trasportata all’interno della pellicola incriminata, avendo l’opportunità di interagire con gli ignari personaggi del racconto e con la stessa rediviva genitrice, tentando di scampare al pericoloso assassino seriale che semina morte e distruzione in ogni angolo del campeggio maledetto.

Non dormire nel bosco stanotte (Bartosz M. Kowalski, 2020)

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Che i campeggi polacchi non fossero proprio all’ultimo grido era cosa già ben nota. Ma che celassero addirittura una coppia di mostruosi gemelli deformi alti due metri e larghi tre dai gusti culinari non certo vegani è qualcosa che ci ha lasciati decisamente perplessi. Così come perplessi – e anche un poco preoccupati- lo saranno certamente stati i giovani turbolenti adolescenti protagonisti di questa truculenta avventura ultra splatter in mezzo alla natura incontaminata. I nostri, arrivati sul posto per disintossicarsi dalla tecnologia grazie a un campus di tre giorni, finiranno a combattere per la propria vita contro due scellerati fratelli mutanti intenzionati a rimpolpare per benino la propria già ricca scorta di carne umana. E così, mentre l’implacabile legge della mannaia dispensa a destra e a manca la propria insindacabile furia ai danni di chiunque abbia sufficienti arti e frattaglie da offrire, i pochi terrorizzati superstiti – che forse hanno ben compreso il significato del titolo della pellicola di cui sono protagonisti – tenteranno in tutti i modi di vedere ancora una volta il sorgere dell’alba. Ben consci del fatto che, come già ampiamente dimostrato nel corso di questo articolo, gemelli e campeggio non sono mai e poi mai presagio di buona sorte.

Fear Street Parte 2: 1978 (Leigh Janiak, 2021)

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Secondo scoppiettante e truculentissimo capitolo della fortunata trilogia targata Netflix nata per omaggiare alcuni dei grandi sottogeneri dell’horror classico, stavolta dedicata nientemeno che al glorioso slasher a sfondo campestre che proprio a fine anni ’70 iniziò a lanciare i primi sonori vagiti. Attraverso un lungo flashback, innescato dal racconto dell’unica apparente sopravvissuta alla letale furia omicida della stregonesca Sara Fier, ci troviamo catapultati nel fu campeggio di Nightwing nel quale, mentre infuriano le accese rivalità fra le matricole e gli animatori delle cittadine confinanti di Sunnyvale e Shadyside, la giovane Cindy e la sorella Ziggy dovranno vedersela con un folle killer dal volto coperto da un sacco di iuta  proprio come il Jason ancora in erba di L’assassino ti siede accanto. Inutile dire che dietro al maniaco omicida armato di accetta sembra tuttavia celarsi nientemeno che uno dei giovani membri della comitiva, posseduto dal vendicativo spirito iracondo della incazzutissima fattucchiera a suo tempo impiccata e più che mai desiderosa di partecipare nuovamente in prima persona ai festeggiamenti di mezza estate.