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Wolves at the Door

2016
Titolo Originale:
Wolves at the Door
REGIA:
John R. Leonetti
CAST:
Katie Cassidy (Sharon)
Elizabeth Henstridge (Abigail)
Adam Campbell (Wojciech)

Il nostro giudizio

Wolves at the Door è un film del 2016, diretto da John R. Leonetti

Divenuta celebre come la spensierata “Summer of Love” di fine decennio, l’estate 1969 viene purtroppo ricordata ancora oggi dalle cronache mondane come il periodo di massimo incremento di crimini violenti di tutta la storia della California, un’escalation di terrore che sarebbe culminata fra l’8 e il 9 agosto dello stesso anno con il tristemente famoso “Massacro di Bel Air”, allorquando l’attrice ventiseienne Sharon Tate (all’epoca incinta del regista Roman Polanski) e un gruppo di quattro ospiti vennero brutalmente torturati e assassinati nella lussuosa villa al 10050 di Cielo Drive per mano dei seguaci della spietata Famiglia Manson, dando vita a uno degli eventi più sconvolgenti ed efferati di tutta la storia americana. Ben consapevole di quanto la figura del tenebroso serial killer di Cincinnati abbia costituito la fonte d’ispirazione per sterminati prodotti d’intrattenimento destinati al grande e piccolo schermo – partendo dal celebre The Book of Manson (1989) per giungere a opere più recenti come The Manson Family (2003) e la serie Aquarius –, John R. Leonetti decide di optare per tutt’altra strada, focalizzandosi integralmente sul resoconto (più che) dettagliato dell’assedio e della conseguente mattanza consumatasi ai danni degli indifesi protagonisti, muovendosi dunque nel puro solco della cronaca nuda e cruda esattamente come già accaduto a Tom Gries nel 1976 con Bel Air – La notte del massacro (meglio noto come Helter Skelter).

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Tuttavia, malgrado le ottime intenzioni di partenza, Wolves at the Door risulta niente più che un classicissimo e didascalico home invasion di poco più di settanta minuti, capace solo di evocare pateticamente, tanto nel titolo quanto nella stessa messa in scena, l’asfittica metafora dell’agnellino indifeso vittima delle grinfie di un branco di lupi famelici pronti a ghermirlo nella propria dimora-ovile, un racconto privo di qualunque autentica svolta adrenalinica e capace solo di trascinarsi stancamente fra abusati cliché del genere (ombre inquietanti alle finestre, improvvisi blackout, linee telefoniche interrotte, oggetti contundenti a profusione) e indecenti strizzate d’occhio ai silenziosi e schizofrenici buontemponi di The Strangers. Il lungo passato da operatore di macchina di Leonetti traspare chiaramente nell’ossessiva ricerca di una composizione estetica allucinata e disperatamente evocativa, attraverso inquadrature sghembe e ultra grandangolari, che tuttavia difficilmente riescono a compensare la poca sostanza di una sceneggiatura piatta come il mare di un mezzogiorno d’agosto e che si prende addirittura la libertà di chiamare in causa lo Shining kubrickiano, grazie al gran numero di porte abbattute a scudisciate e all’ormai iconico ritornello cantilenato dal fu Jack Torrance/Nicholson (little pigs, little pigs, let me come in!), ennesima ingombrante figura allegorica del Big Bad Wolf ulteriormente rimarcata dalle note di Little Red Riding Hood dei The Coasters.

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Aver affiancato James Wan in qualità di direttore della fotografia nella saga di Insidious e la conseguente promozione dietro alla macchina da presa con Annabelle, non sembrano aver reso Leonetti un cineasta poi così a proprio agio con il cinema di suspense, tanto più che dinnanzi a un prodotto sciapo come Wolves at the Door le perplessità abbondano. Se l’intento del regista era quello di conferire una definitiva dignità filmica al triste epilogo di Sharon Tate, allora tanto di cappello, altrimenti vi è ancora molto su cui rimuginare.