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Wildling

2018
Titolo Originale:
Wildling
REGIA:
Fritz Böhm
CAST:
Bel Powley (Anna)
Liv Tyler (Ellen)
Brad Dourif (Daddy)

Il nostro giudizio

Wildling è un film del 2018, diretto da Fritz Böhm.

“Vuoi che ti racconti una storia?”. Con queste poche demiurgiche parole, pronunciate dalla conturbante (e alquanto perturbante) voice over su fondo nero di Brad Dourif, si apre Wildling, sbattendo chiara in faccia allo spettatore inerme una dichiarazione poetica che vede nel fascino del racconto orale il proprio meccanismo attivatore di inquietanti suggestioni, immerse fino al midollo nell’intricato e paludoso terreno delle oscure leggende da spauracchio infantile. Ed è proprio con una di queste terribili leggende che la piccola Anna (Bel Powley) è stata cresciuta (meglio, reclusa) dal padre (Brad Dourif) fin dalla più tenera età, costretta a vivere all’interno di un’angusta stanza/prigione con la paura di essere ghermita e divorata dai Wildling, famelici mostri mangiabambini, in agguato nello sconosciuto mondo esterno. Divenuta ormai adolescente, a seguito del tentato suicidio del padre/carceriere, Anna viene scoperta e presa in custodia dallo sceriffo Ellen Cooper (Liv Tyler), la quale decide di ospitarla nella propria abitazione condivisa assieme al fratello Ray (Collin Kelly-Sordelet). Catapultata improvvisamente all’interno di un mondo a lei del tutto sconosciuto, Anna dovrà imparare a vivere una seconda volta, mentre strani ed inquietanti cambiamenti iniziano a interessarla, tanto nel corpo quanto nella mente.

Wildling. Ovvero: mille e uno modi per gettare miseramente in vacca un’idea di partenza potenzialmente vincente. Transitato con un certo richiamo al South by Southwest 2018, il lungometraggio d’esordio di Fritz Böhm parte decisamente di gran carriera, miscelando con una certa cura drammaturgica la tematica della crescita umana in cattività forzata, mutuata dal poetico Room (2015) di Lenny Abrahamson, con il meccanismo dello spauracchio mostruoso quale deterrente alla fisiologica sete di evasione, già ben delineato dal celeberrimo The Village (2004) di M.N. Shyamalan. La commistione proposta è davvero interessante, grazie anche a un impianto estetico estremamente carico di perturbanti atmosfere da favola nera, indice di un impegno registico e di messa in scena obiettivamente ragguardevole. Con tali premesse, dunque, nulla può andar storto, giusto? Ebbene no, signori miei, il disastro è in agguato dietro l’angolo come il famoso brigante da strada del noto film della Wertmüller, viscido e schifoso tanto quanto le creature leggendarie che (forse si, forse anche no) si acquattano ferine nella selva oscura di cui la giovane e virginale Anna pare avere una fottutissima paura.

A dire il vero, che la cosa stesse prendendo una brutta piega, lo si poteva intuire già dopo il primo quarto d’ora abbondante, quando (mannaggia a Böhm!) la zuccherosa e (pateticamente) pruriginosa love story fra la protagonista e l’infoiato fratello dello/a sceriffo/a inizia a prendere irrimediabilmente il sopravvento, un destabilizzante colpo di coda al quale si aggiunge, ben presto, un’ulteriore virata horror-gore i cui esiti non possono dirsi felici. Arrancando nel mezzo di una miriade di deviazioni narrative di sottobanco e facendo sfoggio di un comparto effettistico il più delle volte quantomeno incoerente, Wildling giunge stremato, ma orgoglioso, al tanto agognato colpo di scena finale, un twist che ha tutto il valore di un autentico calcio negli stinchi e dinnanzi al quale, in piena e totale onestà, non si sa bene se gridare al miracolo o alla vaccata bella e buona. Per giudizi di valore in tal senso, rimandiamo alla visione della più che esaustiva sequenza conclusiva, speranzosi che, sgombrando la tavolata da passioni e mode passeggere, il buon oculato spettatore sappia trarre le proprie sincere e lucide opinioni.