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Weekend

2020
REGIA:
Riccardo Grandi
CAST:
Lorenzo Zurzolo (Alessandro)
Jacopo Olmo Antinori (Federico)
Eugenio Franceschini (Roberto)

Il nostro giudizio

Weekend è un film del 2020, diretto da Riccardo Grandi.

Terza incursione nel lungometraggio di Riccardo Grandi, Weekend appartiene in pieno a due diverse tendenze del cinema italiano contemporaneo: da una parte quella (più circoscritta ma comunque interessante) a tradurre il senso di precarietà socioeconomica delle giovani generazioni in coming of age disfunzionali, tesi fra il guscio d’uovo ormai troppo stretto dell’utopia tardo-adolescenziale e il profilarsi di un futuro adulto venato di ombre e rimpianti; dall’altra l’ormai proverbiale ricerca del Graal di una rifondazione del nostro cinema di genere, che proprio in uno dei suoi protagonisti – l’Alessio Lapice/Romolo di Il primo re aveva trovato l’anno precedente un volto fra i più credibili. Quello che la nuova versione de Gli indifferenti a firma Leonardo Guerra Seràgnoli fa con l’ingannevole calore di Villa Ardengo e L’incredibile storia dell’Isola delle Rose della premiata ditta Sibilia/Rovere col sogno impossibile di uno stralunato ingegnere bolognese, Grandi si propone di conseguirlo con gli strumenti del thriller, tessendo nella durata aurea di 90’ un mystery da camera su Quattro piccoli indiani interpretati da altrettante giovani promesse italiane.

Si comincia in una galleria d’arte, dove un gruppo di ex-compagni di università (oltre a Lapice Filippo Scicchitano, Eugenio Franceschini e Jacopo Olmo Antinori) viene riunito dalla madre dell’amico Alessandro (Lorenzo Zurzolo) per commemorarne la scomparsa e riallacciare i rapporti interrotti in seguito al suo tragico incidente. Sedati con un narcotico nel vino, si risvegliano in una baita di legno fra i boschi in località ignota, dove, sotto l’occhio vigile delle telecamere posizionate in vari punti dal misterioso rapitore, uno di loro dovrà confessare l’omicidio di Alessandro. Ai meccanismi di smascheramento di agathachristiana memoria, con la voce del pigmalione Mr. Owen sostituita dal ricorso a continui flashback che svelano trascorsi e possibili moventi di ogni personaggio del Cluedo, Weekend intreccia ambizioni da apologo sul potere morale dello sguardo (come quello degli electric eyes continuamente lampeggianti sullo sfondo) contrapponendo alla dissoluzione dei suoi quattro giovani adulti il pur sgradevole ribellismo “artistico” della vittima, coi suoi sogni di un’oasi al riparo dal conformismo imperante nella società.

Da qualche parte a metà strada fra le costruzioni panottiche di Drew Goddard (Quella casa nel bosco ovviamente, ma anche il cultismo dionisiaco di 7 sconosciuti a El Royale) e il gioco al massacro con telecamere di un Sam Peckinpah ormai in preda ai suoi incubi paranoici in Osterman Weekend (1983, notare l’assonanza fra i due titoli) il film di Grandi mira in alto ma non riesce a convincere appieno, intrappolato come i suoi antieroi in un verboso loop di stalli e progressive rivelazioni che non trova mai il brivido ironico e moralista dei grandi whodunit né quello adrenalinico dei grandi thriller. Al di là della superficie ben curata e della solidità del cast, infatti, a lasciare con l’amaro in bocca è proprio la difficoltà di Weekend a proporsi come racconto di genere efficace, che tenga fede alla promessa delle (ottime) prime sequenze e all’aggressivo font scarlatto dei titoli di testa col sano pugno nello stomaco di un’esperienza davvero viscerale.