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Virgins – Sguardi Altrove Film Festival

2018
Titolo Originale:
Vierges
REGIA:
Keren Ben Rafael
CAST:
Joy Rieger (Lana)
Evgenia Dodina (Irena)
Michael Aloni (Chip)

Il nostro giudizio

Virgins è un film del 2018, diretto da Keren Ben Rafael.

Lana (Joy Rieger), sedici anni, sguardo deciso, carattere duro, aspetto mascolino. Ha i capelli sbattuti dal vento, il corpo che mescola sabbia e salsedine, la rabbia tipica di un’adolescente in cerca della propria identità e delle ragioni per cui vale la pena vivere. È l’incarnazione di un pensiero troppo giovane per omologarsi, avido di sogni e speranze in cui credere, di emancipazione e movimento. La sua tormentata storia s’intreccia con quella di una sirena protagonista nei racconti dei pescatori di Kiryat Yam, nella baia di Haifa, e con quella di Chip (Michael Aloni), affascinante giornalista che conquista il suo cuore. Autore di un articolo su Haaretz riguardante proprio la presenza della sirena, Chip scatenerà un’onda mediatica che attirerà una folla di curiosi e di turisti ingolositi dalla ricompensa di un milione di dollari stanziata dal faccendiere sindaco.

Virgins, primo lungometraggio di finzione del regista – in concorso nella sezione “nuovi sguardi” dello Sguardi Altrove Film Festival – più che interessarsi ai fatti ispirati alla cronaca, descrive con toni affettuosi una certa innocenza perduta all’interno del rito di passaggio attraversato da Lana dall’adolescenza all’età adulta. Bilanciando realismo e melò, umorismo e magia, Keren Ben Rafael non si accontenta dei rudimenti classici del genere ma ambisce a evocare sentimenti e desideri caratterizzando il proprio racconto di suggestioni poetiche ma seguendo due direzioni: l’elemento dell’acqua e la questione giovanile. Se da una parte Lana è una delle tante figure adolescenziali protagoniste del cinema israeliano che negli ultimi anni ha affrontato il tema delle pressioni e delle difficoltà di crescere, con il disagio generazionale che fa da sfondo (uno su tutti il Qualcuno con cui correre del 2006 diretto da Oded Davidoff tratto da Grossman), dall’altra la ragazza è la traduzione di un modo e di un mondo che cerca nell’acqua del mare lo spazio per immergersi, magari perdersi per poi affermarsi. Come nel mito di Andersen e come accadeva già in Meduse di Etgar Keret, Shira Geffen, la storia malinconica di Lana conduce lo spettatore a guardare il mare come luogo di conoscenza profonda e autentica che comporta inevitabili perdite.