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Vetro

2022
REGIA:
Domenico Croce
CAST:
Carolina Sala
Tommaso Ragno
Marouane Zotti

Il nostro giudizio

Vetro  è un film del 2022, diretto da Domenico Croce.

Una ragazza che spia i vicini dalla finestra, un presunto omicidio, il bisogno di guardare e la paura di essere guardati. Sì, c’è molto di Hitchcock in questi spunti essenziali, ma Vetro è qualcosa di nuovo, di diverso. L’opera prima di Domenico Croce racconta sì di una ragazza costretta in casa, ma di una ragazza che rifiuta volontariamente qualsiasi rapporto diretto col mondo esterno. Non esce dalla sua stanza da così tanto tempo da non ricordare nemmeno quando sia stata l’ultima volta: vive un complesso patologico, una paura assoluta verso tutto ciò che è al di fuori della propria stanza, e quindi del proprio controllo. Per fortuna c’è Hiro, il suo cane, che le tiene compagnia, libero di entrare e uscire dalla camera grazie a uno sportellino. E poi suo padre, che da anni le prepara i pasti e le dà tutto quello di cui ha bisogno, ma solo attraverso la porticina del cane. I rapporti minimi che la ragazza intrattiene con l’esterno sono piuttosto rapporti con un altro interno – il resto dell’appartamento, la vista degli appartamenti altrui. E anche quando spia i vicini dalla finestra la sua visione è sempre impedita da qualcosa che rimanda al dentro: la tapparella è bloccata, e lei può guardare il palazzo di fronte solo attraverso delle piccole fessure.

Vetro è un film realmente claustrofobico, girato quasi tutto in una stanza, con la macchina da presa che segue la giovane protagonista in ogni suo movimento, e che diventa il suo sguardo. Quando lei avvicina il suo occhio a una fessura non abbiamo mai un’immagine chiara di quel che vede, perché i contorni sfocati della tapparella impediscono di guardare meglio e imprigionano persino l’immagine di ciò che è esterno. In confronto, il James Stewart de La finestra sul cortile, poteva vantare una grande libertà di movimento: era sì costretto su una sedia a rotelle, ma il suo sguardo, aiutato dal teleobiettivo, poteva spostarsi e avvicinarsi ai suoi soggetti con una fluidità invidiabile. Il film di Domenico Croce non racconta quindi una storia sul guardare, ma piuttosto sul guardarsi. Quando la ragazza guarda gli altri, in un certo senso guarda se stessa, scopre qualcosa della sua vita, della sua condizione, come nel riflesso di un vetro. Ma in questo thriller coloratissimo e vivace si parla anche di mercificazione, di pornificazione, di una donna che guarda gli uomini e soprattutto di uomini che guardano una donna. C’è un certo pessimismo di fondo che sembra suggerire l’idea della libertà come un’idea utopistica, come se di fatto non si potesse sfuggire a quella che un tempo avremmo chiamato società dello spettacolo.

La scelta di rappresentare la stanza della protagonista con luci colorate e toni così vitali è in un certo senso una scelta crudele, perché dipinge una realtà costrittiva e desolante come uno spazio libero e stimolante. Insomma, Croce sa rendere la luce segno vivente, sa come muovere la macchina da presa e sa raccontare una storia con i giusti ritmi. Il merito è anche degli sceneggiatori Luca Mastrogiovanni e Ciro Zecca, che riescono qui a strutturare una storia in apparenza banale e scontata, ma in realtà ricca di capovolgimenti e rotture. Si tratta in definitiva di un film piccolo, ma a suo modo importante. Vetro, infatti, non è solo un thriller originale e stravagante, ma rappresenta anche un altro passo verso un ritorno al cinema di genere in Italia. Nonché a un cinema non più giovanile ma realmente giovane.