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Vampires vs. the Bronx

2020
REGIA:
Oz Rodriguez
CAST:
Jaden Michael (Miguel Martinez)
Gerald W. Jones III (Bobby Carter)
Gregory Diaz IV (Luis Acosta)

Il nostro giudizio

Vampires vs. the Bronx è un film del 2020, diretto da Oz Rodriguez.

Miguel, Bobby e Luis (Jaden Michael, Gerald Jones III, Gregory Diaz IV) sono giovani abitanti del Bronx che, dopo l’arrivo nel quartiere di una misteriosa agenzia immobiliare, si ritroveranno a combattere con dei vampiri spietati e affamati di beni immobili. Ma la vera sfida sarà convincere i genitori del pericolo imminente, prima che tutti i negozi del posto vengano sostituiti da locali hipster. Il vampirismo è spesso un ottimo strumento metaforico, già usato nella storia del cinema per intendere i mali più disparati, come nel cult The Addiction (Abel Ferrara, 1995), dove la dipendenza dal sangue della protagonista ben rappresentava il rapporto con l’eroina. Qui il discorso metaforico è altrettanto elementare (e riuscito), con i vampiri bianchi e ricchi pronti a risucchiare a sé le piccole attività familiari e indipendenti del Bronx, e che cancellano, morso dopo morso, la forte identità del quartiere. Al posto dei negozi d’estetista o dei piccoli alimentari, ecco sbucare boutique di mobili vintage e negozi bio per trasformare un quartiere popolare in un’esca per radical chic. Ma se Oz Rodriguez, comico abbonato al Saturday Night Live, riesce con la sua storia a denunciare la gentrificazione urbana, è sul piano formale che il regista si fa portavoce inconsapevole di una gentrificazione del genere. Con un soggetto tanto geniale quanto folle, l’autore si muove da subito nell’ambito della serie b volontaria, rispondendo alle mode del momento (le commedie horror stanno vivendo un periodo felice), ma con poca consapevolezza del potenziale espressivo del film.

Vampires vs. the Bronx è un horror senza sangue, senza tensione, senza violenza, un horror per tutta la famiglia. E se è vero che i personaggi sono ben riusciti, le gag sinceramente divertenti e il ritmo piuttosto incalzante, il film di Rodriguez non può certo vantare grandi attrattive orririfiche. E non basta qualche citazione cinefila per rimediare: i protagonisti guardano Blade per prepararsi a combattere i vampiri (in effetti qui del sangue c’è, ma in una scena di Blade…), Luis che istruisce i suoi amici con le regole del caso ricorda tanto Jamie Kennedy in Scream, e la compagnia immobiliare succhiasangue è la Murnau Properties. Ma il citazionismo post-moderno del film si ferma più o meno qui, e siamo a distanza di sicurezza da certe ruffianerie alla Stranger Things. Rodriguez, infatti, ci va piano con le atmosfere anni ‘80/’90, perché il male è qui ed ora. La sceneggiatura di Blaise Hemingway, però, presenta qualche coincidenza di troppo, e, dopo una prima parte coerente, inciampa in alcune semplificazioni: personaggi che si ritrovano senza darsi appuntamento, gli adulti che, da un momento all’altro, credono alle idee sui vampiri.

Vampires vs. the Bronx, comunque, funziona, intrattiene, diverte, forte anche di una sottotrama criminale, quella che vede il piccolo Bobby entrare in una gang, che non nasconde il lato peggiore del quartiere. Alla fine, il messaggio è chiaro: il Bronx merita di essere migliorato, ma non saranno certo i locali eco-friendly a salvarlo, quanto piuttosto a snaturarlo. Ma è proprio nell’economia di questo discorso che il gore avrebbe potuto rafforzare la rappresentazione drammatica, anzi, spaventosa della gentrificazione. Il tutto, invece, si riduce ad una bella commedia, che merita sicuramente un’opportunità, ma che difficilmente conquisterà una seconda visione. Vampires vs. the Bronx è un b-movie più di nome che di fatto, epifenomeno di una cinematografia tutta contemporanea. Dopo la rivalutazione del genere, questo è adesso soggetto a rivisitazioni mainstream, appoggiate dalle grandi produzioni internazionali (stavolta Netflix, già interessata alle commedie horror da Little Evil e The Babysitter, 2017), alla portata di tutti perché indirizzate a chiunque. E tra le alternative indie e autoriali, i pastiche post-moderni e le cazzate alla Sharkando, diventa necessaria una domanda: è ancora possibile, oggi, una serie b?