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Valley of Ditches

2017
Titolo Originale:
The Valley of Ditches
REGIA:
Christopher James Lang
CAST:
Amanda Todisco (Emilia)
Russell Bradley Fenton (Sean)
Jeremy Sless (Michael)

Il nostro giudizio

Valley of Ditches è un film del 2017, diretto da Christopher James Lang

Emilia è una ragazza dalla strenua volontà che, sopravvissuta ai maltrattamenti del padre, deve vedersela ora con la follia religiosa di un maniaco omicida, convinto di guidarla nell’espiazione dei suoi peccati abbandonandola in una fossa nel mezzo del deserto, con una caviglia spezzata e ammanettata al suo ragazzo, ucciso a badilate. Trovata la forza nel suo ricordo dei patimenti famigliari e della fuga da casa, la ragazza deve ingegnarsi (in un modo atroce!) per salvarsi da una situazione che, in un finale di sottile e affilata inquietudine psicologica, si trasforma, per lei, in un’autentica epifania. Valley of Ditches (ossia: valle dei fossati, delle buche) è un film in cui pregi e difetti appaiono bilanciati, alla cui base sta un soggetto reso ancor più intrigante dalla sua ambigua moralità finale, sorretto efficacemente dalla regia di Christopher James Lang (piccolo cineasta indipendente dal “background” televisivo) che ha la grande abilità di trarre vantaggio dall’evidente ristrettezza budgetaria, sfruttando al meglio gli scenari naturali (efficacissimi a livello psicologico nel sottolineare l’isolamento in cui vive la protagonista) come paravento, grazie anche all’ottima fotografia di Jack Yan Chen (al suo primo lungometraggio dopo una nutrita serie di corti).

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Tra le pecche emerge soprattutto una sceneggiatura – scritta dal regista e dalla protagonista principale Amanda Todisco – che si sviluppa in un numero di episodi troppo limitato per gli 80 minuti di durata del film e si rivela oltremodo introspettiva, risultando in un ritmo che, per momenti, rasenta il soporifero e disperdendo la tensione di una situazione comunque altamente drammatica; inoltre, se già come “psycho-thriller” la sua potenza rimane fortemente minata dalla lentezza, Lang sembra sempre intenzionato a ridurre a zero l’orrore, glissando in toto sugli aspetti raccapriccianti della vicenda (con un’unica e particolarmente riuscita eccezione) attraverso continui spostamenti di macchina che, alla lunga, risultano ridondanti e frustranti. Assai più funzionale, con i suoi tempi dilatati e i suoi dialoghi (anche un po’ troppo) ricercati, risulta come dramma psicologico, grazie anche alla prova maiuscola della Todisco (già apparsa nella precedente regia di Lang: Our Life in Make Believe, 2014, dove interpreta un’altra giovane in fuga da un passato piuttosto antipatico) nel ruolo della tormentata Emilia.

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È, in effetti, la sua convinzione nel personaggio una delle leve principali del film, con l’irrequietezza che traspare, oltre che dalle sue domande, dai suoi sguardi distanti sebbene decisi, interrotta da squarci di una rabbia sovrumana, che si alimenta di una disperazione vissuta con intenso realismo. Discreto, se apprezzato per quello che potrebbe essere (la sua natura non è mai realmente identificabile, purtroppo), finisce per rimanere in balia dei suoi difetti, pur offrendo buoni momenti e sforzandosi di trovare una sua via personale.