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Un’estate con Sofia

2019
Titolo Originale:
Un fille facile
REGIA:
Rebecca Zlotowski
CAST:
Zahia Dehar (Sofia)
Mina Farid (Naïma)
Nuno Lopes (Andrès)

Il nostro giudizio

Un’estate con Sofia è un film del 2019, diretto da Rebecca Zlotowski

Il non detto comunica, arriva laddove le parole non possono spingersi; perché la verità, quella di un racconto così come dell’essenzialità del vivere, è un territorio proibito alle cose che escono dalla nostra bocca. È sempre stata un problema la verbosità di certe narrazioni, specialmente per quel che riguarda i coming of age. Non si è capito, in diverse occasioni, che sono le sensazioni il sale dell’esperienza: l’istinto, l’immagine, i corpi. Un’estate con Sofia, diretto da Rebecca Zlotowski e distribuito su Netflix, riesce per buona parte della sua durata a rispettare questi dettami, cadendo di tanto in tanto nella compiacenza del momento. Un peccato veniale, sicuramente, rispetto alla traduzione dal titolo originale, Une fille facile, laddove facile va ben aldilà  della lascivia della protagonista. Difficile non inserire questo film nel già ricolmo entroterra della giovane sensualità francese, dal Giovane e bella di Ozon all’opera più recente, ma anche decisamente più esplicita, di Abdellatif Kechiche. Nella chiara e assolata estate di Cannes, si ritrovano le due cugine Naïma e Sofia, poli contrapposti di un’adolescenza ormai agli sgoccioli.

La prima, ancora sessualmente inibita e dubbiosa sul proprio avvenire, viene travolta dalla carica impudica della seconda. La scelta, per interpretare Sofia, di Zahia Dehar, divenuta famosa per uno scandalo di prostituzione minorile che travolse anche la nazionale di calcio francese, si rivela da subito nodale. Questa piccola e già profondamente botulinata controfigura della Loren viene mostrata, sin dal prologo, in tutto il suo plastico splendore. Prende il sole, seno al vento, accanto alla vestitissima cugina quando due ragazzotti si avvicinano per provarci spudoratamente, salvo poi venire irretiti dalla sua provocante indifferenza. Da qui si aprono due bivi narrativi fondamentali: da una parte l’ingresso in scena di Andrès, quarantenne milionario (con tanto di yacht) stregato dalle forme di Sofia, dall’altra gli effetti che la vicenda avrà su Naïma. La giovane inizia infatti a provare una particolare attrazione per la cugina, anche se non prettamente erotica. La sogna, completamente nuda sulla spiaggia, emettere gemiti di piacere: più che un risveglio dei sensi, un’ansia a trovare la propria identità che si ripresenta quando spia Sofia ricevere un appassionato cunnilingus, fronte-retro, da Andrès.

Il primo istinto, per Naïma, è l’imitazione, provando anche ad intrecciare un rapporto con Philippe, collaboratore del riccone interpretato da un sempre eccellente Benoît Magimel. E qui, tuttavia, si torna al facile del titolo. Facile, ma anche semplice. Come la concezione che Sofia ha della vita: se trovi qualcosa che ti piace lo devi ottenere, che si tratti di borse costosissime o di un uomo. Regole sacre, come quella dell’unica notte di amore e chi si è visto si è visto. Anche se attraverso scene troppo prolungate, dialogate o superflue, Un’estate con Sofia arriva comunque al punto senza però voler essere forzosamente istruttivo o morale. La semplicità come filosofia cozzerà infine con il triste compromesso della presenza del “non immediato”, inteso come una consapevolezza profondamente sudata. Se da una parte l’una realizzerà l’impossibilità di una direzione alternativa, l’altra giungerà infine a trovare la parte più preziosa dell’esperienza. A comprendere che, come per il famoso rasoio di Occam, la risposta più semplice ad un dilemma è spesso e volentieri quella giusta. Questo è, nel bene e nel male, il racconto di formazione.