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Una notte da paura

2011
Titolo Originale:
Una notte da paura
REGIA:
Claudio Fragasso
CAST:
Francesco Pannofino
Maurizio Mattioli
Leonardo Manera

Il nostro giudizio

Claudio Fragasso gira con professionalità ma non comprende i ritmi della commedia e convince solo nelle parti più horror.

Claudio Fragasso è stato uno dei nostri più coriacei alfieri del bis italiaco, anche quando il bis era materia per necrologi. Grazie a lui abbiamo sperato per un attimo nella rinascita del polizi(ott)esco nella sua reincarnazione postmoderna, ma da Palermo Milano solo andata, e dai suoi carneadi compagni, forse è  germogliata soltanto qualche brutta fiction alla millesima stagione. Eppure il suo era un cinema glorioso anche nel miserabile, un cinema che mandava al massacro i cloni dei cloni di Rambo in produzioni tra Roma e le Filippine, un cinema che non aveva tempo da perdere con zombi catatonici e li dopava di cocaina e anfetamine, un cinema fucina di idee suicide che si sarebbero confuse col genio nei secoli a venire. Inesorabilmente, come a suo tempo Fulci o l’amico Bruno Mattei, Fragasso è diventato lui stesso un revenantnel camposanto dei generi abbandonati, non seguito più neppure dal pubblico di nostalgici. Non c’è più traccia della bellezza imperfetta di La casa 5 o Coppia omicida nelle opere fragassiane degli ultimi anni costrette a chinare la testa alla tv in un desolante scenario qualitativo fatto di grandi scene d’azione in un impianto telenovelistico. Non si può concepire che il regista di Teste rasatesia lo stesso di Operazione vacanze, che la stessa mano che guidava un dramma neoneorealista di corde quasi shakespeariane abbia assassinato un’intera carriera sull’altare di una commedia senza humour, un film dell’orrore di veline e comici a briglia sciolta.

Perché è evidente che a Fragasso non gliene può fregar di meno di girare un film vacanziero, lui è un cowboy e sogna le frontiere, il caldo dei proiettili, non le tette della Marini palpeggiate da Mattioli.Una notte da paura è sì un pelino meglio, ma tutto quello che che c’è di buono è un riflesso, un ultimo scatto di orgoglio prima della morte. La storia (stranamente non scritta dalla compagna di vita Rossella Drudi) vorrebbe parodizzare il nostro glorioso gotico anni 60, quello dei Bava e dei Margheriti con castelli infestati e streghe simili a demoni, ma fallisce perchè sbilanciata, mai troppo divertente e imbelle nel non schiacciare il pedale sugli eccessi. Le scene orribili sono tante è vero e verrebbe voglia di spegnere tutto quando appare un corvo in una computer grafica così approssimativa da non avere giustificazioni o quando il livello di battute è di agghiacciante pochezza (una vittima «Quanto sei brutta!», il mostro «Sarai bella tu!»), ma ci sono cose anche interessanti se non belle. Fragasso gira l’opera con professionalità anche se non comprende i ritmi della commedia e convince solo nelle parti più horror quando rischia di sbroccare imbastendo omicidi troppo sanguinosi per piacere al pubblico prime time. È questo il problema principe del film: essere troppo hardcore per la tv ma innocuo per il cinema, un prodotto ibrido e non convincente, così indigesto da non aver trovato posto prima nelle sale dove fu annunciato un Halloween di due anni fa, poi in televisione.

Non si toccano mai i vertici di follia geniale, non dico di un Brooks minore, ma neppure del Rossati di Io zombo tu zombi egli zomba, anche se, quando all’improvviso, il film prende la piega di un musical horror riesce anche a stupire. Alla sceneggiatura ha collaborato l’Enzo Salvi delle commedie parentiane, ma il ruolo che si era cucito addosso alla fine è andato al comico zelighiano Leonardo Manera, l’interprete più imbarazzante e imbarazzato della pellicola (insieme all’ex gieffina Guendalina Tavassi). Per il resto gli altri attori, compreso il protagonista Pannofino, sono tutti in parte. Purtroppo Una notte da paura non è il film che ci aspetteremmo da Claudio Fragasso e fa ancora più rabbia quando vediamo  gli effetti speciali a cura di Antonella Balsamo e Francesco Bureca che non avrebbero sfigurato in un horror dei bei tempi d’oro. D’altronde come i Cohen ci insegnano: non è un paese per vecchi, questo.