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Una donna promettente

2020
Titolo Originale:
Promising Young Woman
REGIA:
Emerald Fennell
CAST:
Carey Mulligan (Cassandra)
Bo Burnham (Ryan)
Adam Brody (Jerry)

Il nostro giudizio

Una donna promettente è un film del 2020, diretto da Emerald Fennell.

Il futuro è donna! Già lo urlava a squarciagola quel mattacchione di Marco Ferreri a metà degli anni ’80 per bocca dello scoppiettante duo Muti-Schygulla. E ora, in piena epoca #MeToo, non può che essere un’agguerrita paladina del gentil sesso come Emerald Fennell a ribadirlo attraverso il proprio graffiante battesimo del fuoco dietro alla macchina da presa. Si perché, contrariamente al suo fuorviante titoletto che farebbe mal pensare a una spensierata commediola anni ’50 modello Doris Day, Una donna promettente è un sonoro e ben assestato calcio nel basso ventre alla mascula società occidentale, così come ben esplicitato da una sequenza d’apertura nella quale la figura del maschio dominatore viene sapientemente rimessa in riga da una fanciulla tutt’altro che impressionabile dal testosteronico cromosoma XY. Un’opera interamente in rosa insomma, diretta con intelligente grinta da una Fennell baciata dagli allori di un esordio fra i più interessanti degli ultimi tempi, prodotta fra gli altri da una Margot Robbie sempre in prima linea con lo scettro del Girl Power e interamente dominata per la sua ora e cinquanta da una Carey Mulligan in stato di grazia, quest’ultima chiamata a dare corpo e voce a una pulzella talmente arsa dalla sete di vendetta da far impallidire la celebre Jennifer e le sue disgraziate consorelle. Ormai si sa: il cinema non è più un lavoro da maschietti. E la nostra protagonista, spietata e indubbiamente sciroccata come un Joker in gonnella, avrà di che far pentire tutti coloro che non concordano su questo fondamentale punto. Anche a costo di scomodare qualche affilato e contundente oggetto.

Che la vendetta sia il motore che muove il complesso e affascinante ingranaggio di Una donna promettente lo sia intuisce fin da subito, quando, all’orizzonte di una calda e invitante alba, la bella Cassie Thomas (Carey Mulligan) se ne va tranquilla per la strada a piedi scalzi sgranocchiando un bignè, imbrattata da qualche goccia di sangue a testimonianza di una precedente serata passata a insegnare le buone maniere a un ometto troppo arrapato. Una tipa tosta direte voi. Certo che sì, anche se a prima vista non si direbbe affatto. La nostra infatti è una ragazza cinica e solitaria, impiegata in un’anonima caffetteria e costretta a vivere ancora con i propri assillanti genitori, i quali non mancano di rinfacciarle la brillante carriera di medico a cui avrebbe potuto aspirare se non avesse scelto di gettare prematuramente la spugna. Ma la nostra trentenne non più in carriera ha avuto le sue buone ragioni, ovvero prendersi cura della povera Nina, compagna di università vittima di un terribile stupro di gruppo che l’ha portata a commettere il disperato estremo gesto. Da quel momento in poi la vita di Cassie è stata interamente dedicata a rimettere in riga, con metodi non propriamente leggeri, gli ometti dalle manine troppo lunghe; fino a quando l’incontro con il bello e gentile ex compagno di classe Ryan (Bo Bumham) non sembra ridarle un minimo di fiducia nei confronti dell’universo maschile. Ma l’idillio dura poco, poiché, venuta a sapere che Al Monroe (Chris Lowell), il fetente responsabile della violenza sessuale della defunta amica, è in procinto di sposarsi di lì a poco, ecco che l’implacabile scritta Revenge torna a pulsare chiara e insistente nella testa della ragazza, spingendola a individuare tutte le persone direttamente o indirettamente coinvolte nell’infame gesto con il preciso intento di servire a costoro un promemoria che non potranno certo dimenticare.

Una vendetta in cinque atti, consumata all’ombra di un universo color pastello intriso fino al midollo di grottesca e surreale cattiveria che rendono Una donna promettente una delle più scioccanti e graditissime sorprese del Sundance Film Festival 2020, in tempi oscuri nei quali essere donna, nonostante le apparenze, significa ancora lottare con le unghie e con i denti. E sono unghie ben curate e denti perfettamente bianchi quelli che la spietata Carey Mulligan sfoggia nelle cinematografiche spoglie di Cassie, personaggio a dir poco ambiguo che, attraverso l’arma di un fascino apparentemente svampito cela una chirurgica e ferina cattiveria, mossa non dal pregiudizio ma dalla scottante esperienza diretta col cosiddetto sesso “forte”. Un personaggio a dir poco allettante per il quale la sbarazzina e ipercinetica Margot Robbie avrebbe certamente venduto l’anima al diavolo e che invece, nella mise più apatica e compassata e della cara Mulligan, acquista un valore decisamente più inquietante, in perfetta sintonia con la generale atmosfera di zuccheroso incubo che l’ottima scrittura e l’altrettanto ottima mano registica della Fennell riescono a confezionare. Niente è come sembra e nessuno è veramente ciò che pare essere, costringendo la nostra (anti)eroina  a rivedere i propri piani in corso d’opera, scontrandosi con una verità tanto scioccante quanto orribilmente schifosa. L’insolito meccanismo di un rape and revenge per procura viene infatti orchestrato attraverso un lento ma incalzante meccanismo a orologeria nel quale linearità della trama e succosi colpi di scena si sposano alla perfezione all’interno di una struttura solo vagamente occhieggiante all’estetica pulp, quest’ultima  tenuta sotto controllo attraverso un mood che, tra umorismo nero e venature da thriller postmoderno, finisce per dar vita a una formula vincente, fino a un epilogo intriso di una tale cattiveria da lasciare esterrefatti, indipendentemente dal secondo cromosoma di appartenenza.