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Ultima notte a Soho

2021
Titolo Originale:
Last Night in Soho
REGIA:
Edgar Wright
CAST:
Anya Taylor-Joyn (Sandy)
Thomasin McKenzie (Eloise)
Matt Smith (Jack)

Il nostro giudizio

Ultima notte a Soho è un film del 2021, diretto da Edgar Wright.

Forse è arrivato il momento per Edgar Wright di scendere a patti col fatto di non essere George A. Romero. Non ancora perlomeno. Il suo Ultima notte a Soho è un film affascinante, di grande densità tematica, ma allo stesso tempo fa emergere certi limiti di scrittura e messa in scena che testimoniano una crescita incompiuta, una padronanza ancora imperfetta di quel linguaggio di genere di cui pure è studioso appassionato e coltissimo. Come satira di un certo passatismo e revisionismo storico dei nostri tempi è superbo, e davvero lo conferma tra gli eredi più credibili del papà degli zombie, suo amico personale e guida sulla via di un approccio lucidamente politico ai generi “bassi”. Come thriller-horror audace e parossistico, vorticante fra sogno e realtà nella tradizione di Wes Craven, è certamente ammirevole, ma fa acqua da troppi buchi. Dal suo cottage nella pacifica Cornovaglia rurale Eloise (Thomasin McKenzie) sogna un futuro da stilista e la grande Londra, quella dei tardi anni ‘60 da cui proviene tutta la musica “da vecchia” che ascolta, idealizzata come spazio/tempo aureo di perfezione artistica e morale. Quando, partita alla volta della capitale per frequentare un’accademia di moda, scopre una realtà ben diversa, inizia a rifugiarsi in fantasticherie retrò dove le fa da alter ego Sandy (Anya Taylor-Joy), aspirante nuova stella dell’esplosivo panorama pop dei swingin’ sixties.

Ma se la Londra di oggi can-be-too-much per una ragazza di campagna timida e sessualmente insicura, come potrà essere quella di cinquant’anni fa, indietro di svariate pagine nell’agenda dei rapporti di genere? Autore a sua volta nostalgico, con entrambi i piedi fermamente piantati nella tradizione postmoderna onnivora e cinefila degli anni ‘90, Wright trova nella sua protagonista il perno perfetto per esplorare le tendenze contraddittorie che animano un certo atteggiamento di idealizzazione del nostro passato. “La musica era migliore allora” dice l’anziana signora che affitta a Sandy la sua camera a Soho, unendosi a un mantra (vecchio almeno quanto l’Età dell’Oro esiodea) che pervade la nostra quotidianità, imbevuta di suoni e immagini di epoche precedenti continuamente riaffioranti nel loop della circolazione culturale. Per quanto ci si sforzi di imbellettarlo però, il passato non è necessariamente un posto dove vorremmo vivere. Cosa succede, in un’epoca di turbinose rivoluzioni socio-culturali come la nostra, quando il nostro Paradiso perduto si rivela un Inferno? La capacità di interrogarsi su questa dialettica fra un passato da superare moralmente e un passato da conservare artisticamente e moralmente conferma l’emancipazione di Wright dal disimpegno spesso imputato al cinema postmoderno, facendone quasi il polo opposto a Tarantino con le sue fantasie di un revisionismo che passa sempre e comunque per il gesto cinematografico/cinefilo.

Dove il britannico si allinea decisamente a quei modi è nella forma, un citazionismo che allinea i già citati Romero e Craven, Argento, Refn, Toby Dammit di Fellini e lo stesso Tarantino in un calco “al cubo” dell’immagine riciclata per eccellenza, il ballo di Thurman e Travolta in Pulp Fiction; dove se ne distingue è nella voglia di interrogare la distanza morale che la Storia – Wright è innanzitutto uno storico, un classificatore e archivista di visioni – ha interposto fra noi e molte di quelle immagini. Si veda il caso 007, icona di una mascolinità che il presente sta rigettando e che Wright evoca due volte con un Connery torreggiante sul poster di Thunderball e il casting dell’iconica Bond girl Diana Rigg, alla sua ultima interpretazione. Peccato che a tanta intelligenza, dopo una prima parte folgorante, messa in scena e sceneggiatura corrispondano sempre meno in un intreccio di colpi di scena pretestuosi e visualizzazioni via via più deboli. Non tutti possono essere visionari o maestri di suspence, ma coi suoi difetti Ultima notte a Soho resta il tentativo coraggioso di una personalità autoriale in continua e vulcanica evoluzione.