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Tyler Rake

2020
Titolo Originale:
Extraction
REGIA:
Sam Hargrave
CAST:
Chris Hemsworth (Tyler Rake)
Golshifteh Farahani (Nik Khan)
David Harbour (Gaspar)

Il nostro giudizio

Tyler Rake è un film del 2020, diretto da Sam Hargrave.

Nonostante le apparenze, l’action è pur sempre una cosa seria. Dannatamente seria. In un certo senso è un po’ come una filosofia di vita. Per farlo come Dio comanda sono necessari tanta passione, altrettanti muscoli e una ferrea cognizione di causa. Tutti elementi che, nel bene e nel male, il caro Sam Hargrave sembra possedere più che in abbondanza. Amicone fraterno dei Russo Brothers e sapiente forgiatore di gran parte dei testosteronici tafferugli che condiscono il cinematico Universo Marvel, il Nostro ha scelto di appendere momentaneamente alla gruccia l’aderente tutona da stuntman per passare dietro all’obiettivo con Tyler Rake, un adrenalinico, ipercinetico e godibilissimo scazzotone filmico nel quale, nonostante nulla di particolarmente fresco a frollare sotto il sole, di intrattenimento se ne può cavar fuori più che a sufficienza. A patto, ovviamente, di non pretendere nulla più che bicipiti tatuati, fucili fumanti e inseguimenti al cardiopalma in uno dei paesi più poveri, infidi e pericolosi dell’intero globo terracqueo. E poi la penna è quella di Joe Russo e di mezzo c’è pure lo zampino di mamma Netflix, niente può andar storto, vero? Beh, diciamo quasi…

Forgiato a partire dalla graphic novel Ciudad, ideata a sei mani dai fratelli Russo assieme a Ande Park e illustrata da Fernando Leòn Gonzàlez, Tyler Rake – inizialmente conosciuto come Dhaka, divenuto in seguito Out of the Fire e sdoganato infine con il titolo internazionale di Extraction – si presenta come il più classico dei classici sparatutto e picchiaduro cinematografici, mettendo in scena l’ardua e moralmente dubbia missione dell’ombroso mercenario Chris Hemsworth che, messo in cantina il martellone di Thor e imbracciato un altrettanto tosto fucilone d’assalto, si trova a dover individuare e portare al sicuro il povero Ovi Jr (Rudhraksh Jaiswal), figlio di un losco mafioso indiano finito non certo casualmente nelle altrettanto losche grinfie del più spietato capo del narcotraffico del Bangladesh. Scorrazzando come un pazzo fra le affollate e impervie strade di Dhaka, supportato a distanza dalla collega Nik Kahn (Golshifteh Farahani) e da un provvidenziale quanto improbabile alleato, il nostro intrepido (anti)eroe dovrà cercare di portare a termine la complicata estrazione dell’obbiettivo, cercando nel frattempo di portare salva a casa la pelle e, se possibile, anche qualche pezzettino del proprio martoriato mezzo di locomozione.

Tutto si può dire di Tyler Rake, tranne che non sia una pellicola coinvolgente. Forse anche troppo. Già dopo il primo inseguimento automobilistico, mentre la macchina da presa, attraverso un pianosequenza decisamente impressionante, si cappotta, si rigira e s’infratta in ogni possibile orifizio, comincia a farsi strada la fastidiosa sensazione di assistere a un gamepaly di GTA piuttosto che a un film vero e proprio. Sensazione amplificata dall’altrettanto adrenalinica e immersiva sequenza dell’assalto al covo dei cattivi dove, mentre il beneamato obiettivo si imbarca in un ennesimo tour de force senza stacchi nel mezzo di pallottole guizzanti e corse a perdifiato su rampe di scale a non finire, ci si stupisce ancora di non avere un gamepad fra le mani con cui guidare il nostro cazzutissimo avatar verso il prossimo livello di Battelfield: Hardline. Si, perché, al di sotto di questa spessa patina di sopraffina tecnica di messa in scena, si cela una storiellina davvero risicata che, a lungo andare, finisce per ingolfarsi su se stessa, implodendo sotto il peso della ripetitività e disperdendosi senza infamia né lode. La dimensione di spionaggio “in trasferta” alla 007 lascia presto il passo a un machismo militaresco in stile Jack Reacher, dove il nostro crudo e risolutissimo ex figlio di Odino, lasciato da parte ogni possibile aplomb bondiano per prendersi la propria sana dose di ferro e piombo in corpo, cede ben presto al surrealismo cinetico modello Mission: Impossible, imbarcandosi in un carosello di scoppi e pugni che lasciano sulla scena ben poca cosa. Ma in fondo ci si diverte parecchio. Ed è questo ciò che conta, no?