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The Vigil – Non ti lascerà andare

2020
Titolo Originale:
The Vigil
REGIA:
Keith Thomas
CAST:
Dave Davis (Yakov Ronen)
Menashe Lustig (Reb Shulem)
Malky Goldman (Sarah)

Il nostro giudizio

The Vigil – Non ti lascerà andare è un film del 2019, diretto da Keith Thomas.

In qualche modo, si torna sempre a parlare di Jason Blum e della sua Blumhouse. Il Re Mida degli horror a basso budget si dimostra non solo un abile e lungimirante produttore, ma in possesso anche di un ottimo occhio nel comprare film e occuparsi della mera distribuzione. Apparso nel 2019 al Toronto Film Festival e poi scomparso dai radar, è stato proprio Blum con la sua Blumhouse ad accorgersi dell’incredibile potenza visiva dell’esordio di Keith Thomas e a portarlo nelle sale di tutto il mondo. Attingendo a piene mani dalla cultura ebraica, il film vede il giovane Yakov (Dave Davis) accettare per una notte il ruolo di shomer, figura che dovrebbe vegliare sulla salma di un defunto durante la sua prima notte di morte per evitare che gli spiriti maligni possano prenderne il possesso e strapparlo dal docile viaggio nell’aldilà. Yakov ci appare sin da subito un ragazzo fragile, con un forte dolore che gli pesa sulle spalle; spesso infatti lo vediamo ricurvo mentre si aggira nella casa ormai silenziosa abitata solo dalla vedova, malata di Alzheimer.

Ma tra quelle pareti si annida anche una presenza oscura, il dybukk, entità malevola che si era attaccata al corpo del defunto e ora libera di cercare un nuovo ospite. Nella cultura ebraica il dybukk si attacca a chiunque porti con se dei ricordi dolorosi, dunque Yakov diviene vittima designata di una forza oscura. The Vigil è incredibilmente riuscito e incalzante per essere un film di esordio; si discosta dai classici stilemi di genere horror per creare un racconto di psicoanalisi. Le lunghe scene dilatate non anticipano mai qualche jump scare didascalico – sempre presenti, ma mai abusati – bensì fungono da raccordo intimo e complesso con cui il regista cerca di farci entrare in empatia con il protagonista. Quasi tenero quando cerca di capire la tecnologia e il suo smartphone che diviene mezzo di comunicazione con l’entità, mettendo in risalto la facilità con cui questi mezzi divengano strumenti per alterare la realtà attorno a noi: chi c’è dall’altra parte della linea? Ciò che vediamo e/o sentiamo è vero?

Yakov rimane prigioniero di questa dimora che, piccola all’esterno, dentro è un vero e proprio labirinto fisico e mentale, dove perdersi e ritrovarsi, scavare nel passato e affrontare i propri fantasmi e dolori, mentre si cerca di mantenere una sana lucidità mentale per affrontare e anche sconfiggere il dybukk che si palesa mai come qualcosa di tangibile. The Vigil si trasforma dunque in un incalzante home invasion con il demone che cospira, si annida nell’ombra e mai si mostra, portando Yakov a osservare più volte quel cadavere sotto il lenzuolo bianco e avere la costante sensazione, quasi certezza, che quel corpo si sia leggermente mosso. Un esordio fulminante; Keith Thomas sa dove posizione la macchina, conosce il genere, sa di cosa è saturo per cercare di girargli alla larga e creare qualcosa di incredibilmente inedito e avvincente, perché alla fine al regista non interessa troppo l’aspetto demoniaco con tutte le sue implicazioni, bensì spogliare e rivestire Yakov della sua anima a pezzi, per poi rimetterla in sesto sotto la pressione della pura malvagità che si annida in una casa che non lo vuole più far uscire.