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The Tax Collector

2020
REGIA:
David Ayer
CAST:
Bobby Soto (David)
George Lopez (Luis)
Shia LaBeouf (Creeper)

Il nostro giudizio

The Tax Collector è un film del 2020, diretto da David Ayer.

David (Bobby Soto) e Creeper (Shia LaBeouf) sono due esattori per conto di un signore della droga. Lui è in galera ma sappiamo bene che nel crimine questa situazione non è poi così limitante, anzi. I due tengono in riga tutta la microcriminalità di Los Angeles minacciando e puntando pistole, ristabilendo pace tra contenziosi e decespugliando l’erba cattiva. Vite ed essenze molto diverse. David è un buon padre di famiglia e Creeper un lupo solitario anaffettivo e capace delle peggiori bestialità, se il lavoro lo richiede. I due pare facciano paura a tutti tranne che al pubblico. Dobbiamo sforzarci un po’ a prendere sul serio Soto e LaBeouf come cattivoni, però non sono tanto loro a spaventare gli altri, bensì per procura chi li manda, ovvero il leggendario narcotrafficante dal nome fantasy, Wizard. Costui fa gelare il sangue anche a David, le rare volte che è costretto a parlarci al telefono. Ma c’è chi non ha paura del boss dei boss, qualcuno che è tornato in città e si fa chiamare Conejo, un peso massimo della malavita che mescola racket e riti sacrificali. Lui ha deciso di stravolgere le “reglas”, finendo per attentare all’esistenza sanguinaria ma “regolare” dei due Tax Collector.

David Ayer ha già creato coppie di protagonisti memorabili: i due poliziotti di Training Day o i piloti di Fast and Furious, di cui firmò entrambe le sceneggiature. In The Tax Collector ci riprova sia scrivendo il copione che dirigendo un film d’azione pura, dove lo spaccato malavitoso latino-americano è giusto un fondale posticcio da cui innescare il conflitto di David. È soprattutto lui a incarnare il dissidio tra criminalità e famiglia, già visto un’infinità di volte e non è questa la parte interessante del film. La moglie di David, Alexis (Cinthya Cremona) non è una ingenua casalinga tenuta all’oscuro di tutto. Partecipa alla conta dei soldi e riesce a dare al suo uomo la fiducia e il coraggio che a volte gli mancano. The Tax Collector qui risalta, nel il ruolo delle donne del cattivo giro. Ce ne sono molte e spesso hanno compiti fondamentali nella staffetta di droghe e grana e li adempiono senza battere ciglio. Alexis è una brava mamma e una splendida consorte ma si sporca le mani quanto David e condivide fino in fondo la sua visione cinica e spregiudicata. “Il mondo può essere nostro o di qualcun altro, caro, quindi meglio prenderlo noi”.

I problemi per David non si presentano finché riesce e a tener divise le sue identità. Lui si alza la mattina e dopo aver dato il bacio sulla testa ai suoi figli e una pacca sul sedere alla donna che ama, esce e diventa un inarrestabile malavitoso. Purtroppo il sangue è una cosa importante tra le gang, il concetto di famiglia e di omicidio si confondono. A intrigare di più la faccenda c’è la religione. David è un uomo crudele e spietato ma ha un Dio e un Paradiso in cui credere, peccato che la parte del redentore biblico, con tanto di chiodi e martello, non sarà lui a farla ma un ateo convinto di cui non vi sveliamo il nome. La vendetta è il motore narcisistico di tutta la cinematografia americana più nera, una ossessione che diventa la tana di ogni plot che non sappia dove andare a parare. The Tax Collector non fa eccezione, sprecando LaBeouf e una buona occasione di evitare il consueto dente per dente. Il sottotesto religioso è un po’ troppo forzato e il finale in stile Star Wars chiude decisamente la metafora cristologica a tarallucci e già visto.