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The Silencing

2020
REGIA:
Robin Pront
CAST:
Nikolaj Coster-Waldau (Rayburn Swanson)
Annabelle Wallis (Alice Gustafson)
Hero Fiennes Tiffin (Brooks Gustafson)

Il nostro giudizio

The Silencing è un film del 2020, diretto da Robin Pront.

Col suo opening immersivo su una panoramica nordica all’interno della quale un cadavere emerge dalle acque di un fiume, è chiaro sin da subito quale sia l’ambito narrativo a cui The Silencing fa capo. Al belga Robin Pront, d’altronde, sembra piacere molto il noir a sfondo invernale. Già nella sua opera prima (Le Ardenne, 2015), un thriller ambientato fra le Fiandre e la Francia settentrionale, il gusto per il “nero boschivo”, si lasci passare il termine, era più che evidente. Considerato il riscontro del debutto, che si era anche aggiudicato una candidatura all’Oscar come miglior film straniero, non sembra strano che Pront abbia proseguito la propria parabola d’autore nella medesima dimensione narrativa. The Silencing è difatti una sorta di sequel spirituale del film precedente, un thriller scurissimo perso, in questo caso, nell’atmosfera gelida delle foreste canadesi. Se ne sono visti abbastanza negli ultimi tempi di questi “noir rurali” dall’ambientazione innevata: il copione, bene o male, è il solito.

Si comincia anche qui con la scoperta di un cadavere, il corpo senza vita di una ragazzina scomparsa il cui assassino deve essere riacciuffato. Di lì il plot si snoda agevolmente senza scostarsi troppo dai canoni del genere. I protagonisti, poco sorprendentemente, sono un campionario di luoghi comuni. C’è un cacciatore alcolizzato alle prese con la scomparsa della figlia, interpretato discretamente da Nicolaj Coster-Waldau (il Jaime Lannister di Game of Thrones), e un giovane sceriffo dagli invadenti problemi familiari, cui non giova il volto inesperto di Annabelle Wallis (chi se la ricorda nel primo Annabelle?). Due caratteri difficili alle prese con un omicidio: l’obiettivo del film non è certo quello di rivoluzionare il genere. È l’apporto autoriale di solito a fare la differenza in questo genere di produzione: così anche in questo caso. Lungi dall’essere un regista particolarmente incisivo, Pront ha almeno due qualità che vale la pena di menzionare: la resa dell’atmosfera e la concisione narrativa.

La seconda, in particolare, è il motivo per cui come puro prodotto di intrattenimento The Silencing funziona. Non c’è spazio per i fronzoli: tutto è pensato e calibrato accuratamente per far girare l’ingranaggio narrativo al meglio. L’intento, nemmeno troppo implicito, è quello di rendere la premessa banalotta il più digeribile e appetibile possibile, come vuole il paradigma usa e getta dell’intrattenimento odierno. In questo senso, perlomeno, non sembra il caso di lamentarsi, perché di per sé il film fila liscio come l’olio, tutto precisino e patinato com’è. Al di là del compito ben fatto, però, non c’è granché di memorabile, anche perché i risvolti della storia sono spesso prevedibili e poco interessanti. Troppo ben diretto per piombare nel dimenticatoio ma sufficientemente modesto per evitare le grandi uscite internazionali dell’estate, The Silencing finisce dritto dritto fra la sfilza di titoli mediocri destinati alla sala ma distribuiti in Vod a causa della pandemia di quest’anno: ci si potrebbe aspettare di meglio da un ex nomination all’Oscar, ma nel grande schema della distribuzione online poco importa. Lo spettatore disimpegnato ringrazia. Va da sé, invece, che chi cerca del contenuto se ne può stare tranquillamente alla larga.