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The Silence

2019
Titolo Originale:
The Silence
REGIA:
J.R. Leonetti
CAST:
Stanley Tucci (Hugh)
Kiernan Shipka (Ally)
Miranda Otto (Kelly)

Il nostro giudizio

The Silence è un film del 2019, diretto da J.R. Leonetti.

Le idee sono un po’ come il polline: vagano invisibili e silenziose nell’aria, giungendo spesso a fecondare più di un fiore. A causa di ciò, il già labile confine che divide il plagio dalla coincidenza si fa, in certi casi, ancora più ristretto, finendo per generare spiacevoli déjà-vu. Ed è appunto uno di questi fastidiosi campanelli d’allarme che inizia prontamente a trillare nell’acuta mente dello spettatore dopo aver anche solo letto la trama di The Silence, un antifurto che si fa ancora più squillante dopo averne consumato la visione. Ebbene sì, poiché, fin dal titolo, le disavventure di un’ardita famigliola alle prese con un mondo post-apocalittico dominato da fameliche creature ipersensibili a ogni tipo di rumore non può che rimandare immediatamente al fu A Quiet Place, non fosse che per la (casuale?) presenza in entrambe le pellicole di un’agguerrita adolescente – qui incarnata dalla bella e brava Kiernan Shipka – immune agli attacchi delle orecchiute fiere per il solo fatto di essere sordomuta. Toccherà dunque al capofamiglia (uno Stanley Tucci senza infamia né lode) difendere i propri cari dal nuovo capovolgimento della catena alimentare, nel mentre in cui i poco raccomandabili membri di una strana comunità religiosa si mostrano particolarmente interessati al presunto potere “divino” della bella giovinetta silenziosa. La furbesca strategia di Netflix si mostra ben chiara sin dal principio: tentare di bissare l’ottimo successo del caso Bird Box miscelandolo ben bene con la rediviva jurassic-mania 2.0.

Si, perché in The Silence al posto degli alienacci dall’orecchio fino immaginati da John Kasinski e delle non meglio identificate entità (fantasmatiche? demoniache?) proibite alla vista messe in scena da Susanne Bier, la minaccia volante e gracchiante proviene stavolta direttamente dalla preistoria, nella forma di un nugolo di pterodattili – in realtà un’aberrante mostruosità a metà strada fra un pipistrello troppo cresciuto e un dentoso xenomorfo –, parecchio affamati e desiderosi di riempire le proprie capienti pancine, vuote ormai da ere geologiche, con fresca e urlante carne umana. Perché poi codeste creature non vedenti, sbucate fuori dai diverticoli della terra come i dormienti dragoni di Il regno del fuoco,  non vengano chiamate col proprio nome ma bensì ignobilmente etichettate come “Vispi” è un quesito che attende ancora una valida risposta. Va detto che il buon J.R. Leonetti, nonostante una proficua carriera da direttore della fotografia e un altrettanto onesta, seppur recente, esperienza registica, non si è mai dimostrato particolarmente dotato di freschezza e fantasia narrativa, preferendo ripiegare su temi e stilemi già ben rodati e ipotecati, come bambole indemoniate (Annabelle), desideri dal pericoloso esito (Wish Upon), scorribande temporali (The Butterfly Effect 2) e home invasion in salsa vintage (Wolves  at the Door). Tuttavia, nel bene e nel male, come di fatto accade anche stavolta, il mestiere il caro J.R. lo sa padroneggiare come si deve, riuscendo a portare sempre a casa prodotti di buona fattura.

Dunque, almeno da un punto di vista puramente tecnico, The Silence non pecca in alcun modo, così come tutto sommato accettabili appaiono le performance attoriali e il comparto effettistico. Nulla da eccepire, per carità. L’unico fondamentale e gravoso problema del film, infatti, risiede esclusivamente sulla carta, poiché la sceneggiatura di Carey e Shane Van Dyke tende forse a semplificare un po’ troppo il seppur interessante romanzo di Tim Lebbon, riducendolo all’ennesimo monster-attack movie d’impianto familiare dove, tra una strizzata d’occhio a Gli Uccelli hitchcockiani e parecchi debiti nei confronti dei sopracitati titoli con protagonisti mostracchioni ipersensoriali, si finisce per girare intorno all’aria fritta per ben ottanta minuti, riempiendo gli ultimi dieci con l’ingresso in scena di quattro sfigatissimi invasati dell’Altissimo destinati a congedarsi ben prima di poter essere percepiti come veri e propri personaggi. Nessun dubbio sul fatto che, per l’ennesima volta, Sua Eminenza dello streaming rientrerà abbondantemente dei baiocchi generosamente sborsati. Ma sarebbe forse l’ora che almeno una piccola parte dei corposi investimenti venissero dirottati dal braccio alla mente, dalla forma al contenuto. Alle idee, insomma! Quelle idee della cui mancanza oggigiorno quasi nessuno pare più accorgersi.