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The Rain – Seconda stagione

2019
Titolo Originale:
The Rain
REGIA:
Kenneth Kainz, Natasha Arthy
CAST:
Alba August (Simone Andersen)
Lucas Lynggaard Tønnesen (Rasmus Andersen)
Mikkel Boe Følsgaard (Martin)

Il nostro giudizio

The Rain – Seconda stagione è una serie tv del 2019, creata da Jannik Tai Mosholt, Esben Toft Jacobsen e Christian Potalivo.

Già verso la fine della prima stagione di The Rain, qualcosa cominciava a non funzionare più. In particolare tutto l’impianto narrativo che partendo da un incipit intrigante – una Danimarca post apocalittica e l’umanità decimata a causa di un virus trasmesso dalla pioggia – andava poi a sbattere contro i classici stilemi del genere, non introducendo nessuna novità; abbandonando ogni voglia di stupire e ridimensionare le premesse, con un’epidemia non più mondiale, ma circoscritta solo nella Danimarca rurale ora in pieno isolamento da tutto il resto del mondo. Con un finale di stagione che manteneva i ritmi narrativi sufficientemente alti per giustificare la produzione e l’interesse per una seconda carrellata di episodi, alla fine di questo secondo ciclo è abbastanza chiaro come The Rain, per quanto ci provi, anche facendo qualcosa di nuovo, crolli miseramente puntata dopo puntata, risultando anche fin troppo assurda per quel che vuole narrare, abbracciandosi della volontà di non voler più fare fantascienza, ma qualcosa di fantastico.

Perno centrale di questa seconda stagione è Rasmus, ragazzo che abbiamo scoperto avere nel suo corpo lo stesso virus della pioggia. Gli è stato iniettato dal padre in giovane età e adesso, nel pieno della consapevolezza di questo suo status, le sei puntate che compongono questa stagione non sono altro che un lungo addestramento per fare in modo che il ragazzo possa controllare il virus e usarlo come potere. Nel momento in cui sono gli stessi protagonisti a usare questa parola, “potere”, la serie perde ogni parvenza di credibilità, abbandonando la fantascienza post apocalittica per dirigersi verso la strada del fantastico e del genere supereroistico, anche in alcuni risvolti che saranno alla base del twist di fine stagione che – in teoria – dovrebbe dare l’incipit per una terza. Forse a causa di un numero di episodi non congruo per lasciarsi a una narrazione spalmata, la seconda stagione di The Rain corre su binari non troppo chiari, gettando al fuoco tantissima carne che difficilmente riesce a guadagnarsi l’attenzione dello spettatore.

I piani dell’Apollon, l’organizzazione antagonista della serie, non riescono a essere mai chiari, oltre a seguire la semplicistica missione di rapire il ragazzo portatore del virus, e questo incide direttamente con la missione degli stessi protagonisti che non hanno mai una bussola o un baricentro su cui costruire le loro azioni, sembrando più aquiloni al vento. La stessa storia, quando prende piede il risvolto supereroistico, sembra scordarsi delle regole indette nella prima stagione, quasi come se questo secondo ciclo di episodi si discosti totalmente da ciò che è stato narrato fino a quel punto. I personaggi si muovono dietro motivazioni davvero incomprensibili, arrivando anche ad immolarsi per qualcosa che fino a quel momento neanche avevano a cuore. La seconda stagione di The Rain, dunque, risulta più accessibile e funzionale se presa come serie tv da vedere mentre si fa altro, un’idea preesistente dalla prima stagione che qui trova una deludente conferma. E se Netflix decidesse di non rinnovare lo show danese per una terza stagione, non ne sentiremo assolutamente la mancanza.