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The Offer

2022
REGIA:
Dexter Fletcher
CAST:
Miles Teller (Albert S. Ruddy)
Matthew Goode (Robert Evans)
Juno Temple (Bettye McCart)

Il nostro giudizio

The Offer è una serie televisiva del 2022, creata da Michael Tolkin.

Le ricostruzioni, intese come prodotti a carattere storico che, attraverso la finzione, sono in grado di rimettere in fila una complessa concatenazione di eventi, sono sempre un terreno scivoloso. La serialità televisiva permette loro di poter diluire a sufficienza tutta la narrazione, ma raramente si avverte la straordinarietà di ciò che viene raccontato. The Offer riesce nel compito, anzitutto, perché ad essere messa nero su bianco è la storia di Albert S. Ruddy, un programmatore della Rand improvvisamente asceso a produttore hollywoodiano. Un american dream interamente incentrato sulla realizzazione di uno dei più grandi capolavori e successi del cinema statunitense: Il Padrino. La Los Angeles dei primi anni Settanta come forse non ce la siamo mai immaginata, neanche nella leggermente precedente versione tarantiniana, dove il centro nevralgico del sistema veniva solo sfiorato. Dimenticatevi dunque sguardi trasognati verso un magico quanto illusorio mondo delle meraviglie, così come dovrete essere pronti a disfarvi di tutto quello che pensavate di conoscere riguardo quel periodo storico.

La Nuova Hollywood, nella miniserie ideata da Michael Tolkin (che già aveva scandagliato l’ambiente ne I protagonisti, diretto da Robert Altman nel 1992), è sull’orlo della fine già poco dopo essere nata, come il punk a fine anni Settanta. Non ci sono cancelli del cielo che ancora tengano, tuttavia in essa si riafferma un principio concreto e cinico al tempo stesso: i produttori hanno reso possibile Il Padrino. Anzi non solo loro, visto che la parte probabilmente più interessante dell’intera storia è quella legata al ruolo che la mafia italoamericana ha avuto, nel bene e nel male, nella realizzazione di un film che, stando ai patti, non doveva parlare di lei. The Offer mette nero su bianco e non lascia niente all’immaginazione per quanto riguarda l’industria, mentre lo spettatore viene edotto del perché Love Story fu una scommessa vinta o del motivo per cui Chinatown fu una vera e propria impresa a livello produttivo. E ovviamente l’epopea da cui il titolo: le pretese di un giovane Coppola, l’ostracismo nei confronti di Al Pacino, il folle genio di Brando, produttore sull’orlo di una crisi di nervi contro industriali volti solo al profitto. Il tutto dal punto di vista di un Ruddy sempre sul filo del rasoio, accerchiato ma determinato a concludere quello che per primo sapeva essere un capolavoro. Un matrimonio che s’aveva da fare, affinché il cinema americano togliesse la maschera e ritornasse ad essere quello che in realtà era sempre stato.

La serie coinvolge in modo unico grazie alla sua capacità di assumere su di sé la tensione della pellicola che racconta (tra l’altro senza riprodurne neanche una scena), oltre che all’ironia e alle strizzatine d’occhio allo spettatore che ricorrono lungo le puntate. Con la bellezza, infine, della scoperta per coloro che non hanno mai raccolto aneddoti sul film e che quindi, per la prima volta, sapranno come venne punito Gianni Russo (Carlo) per aver esagerato in una scena con Talia Shire o come venne effettivamente “realizzata” la testa di cavallo nella famosissima sequenza con protagonista John Marley. Senza dimenticare il punto, ossia il racconto di uno dei periodi storici più complessi per la settima arte. Un ultimo appunto, che poi è uno dei maggiori elementi di forza della serie: Miles Teller. Grandissima faccia da schiaffi, per non scomodare il posteriore, quindi perfetto nel ruolo di chi deve sempre trovare l’espediente. Con un protagonista così, non puoi che vincere.