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The Midnight Sky

2020
REGIA:
George Clooney
CAST:
George Clooney (Augustine Lofthouse)
Felicity Jones (Sully)
Kyle Chandler (Mitchell)

Il nostro giudizio

The Midnight Sky è un film del 2020, diretto da George Clooney.

Ormai si parla di account e non più di spettatori, di streaming e non di sale, per quanto The Midnight Sky sia il film che ha avuto la maggior distribuzione, tra i titoli Netflix, nei cinema veri. Siamo già in un film apocalittico, non vi pare? Che effetto fa vederne uno mentre lo si vive? Si avverte una certa riottosità in fondo all’anima, forse. Non è facile misurarsi con lo sterminio della razza umana. Il faccione scavato di George Clooney, nonostante la barba, ci rimanda ancora agli irritanti bei tempi in cui per lui non c’era altro che Nespresso. Sappiamo che ci ha messo davvero tanto cuore in questo progetto. Ha diretto lui The Midnight Sky, interpretandolo in modo intenso. Ha persino sottoposto il proprio corpo a una dieta molto ferrea, per buttar via dodici chili e sembrarci più terminale che mai. Ha persino sopportato un ricovero d’urgenza per una pancreatite, dovuta proprio alla veloce perdita di peso richiesta dalla parte. La storia in sé è anche gradevole. La sceneggiatura di Mark L. Smith (Vacancy, Revenant), tratta dal fortunato romanzo Goodmorning, Mindnight (uscito in Italia con l’infelice titolo La distanza tra le stelle) è professionalmente impeccabile. Ci sono tutti gli ingredienti per una toccante epopea sull’estinzione umana, raccordi metaforici da sborrare pop-corn e una colonna sonora di dolbystici afflati sinfonici, però è davvero dura abbandonarsi a un mondo di fantasia in cui le cose somigliano troppo alla nostra vera vita. The Midnight Sky racconta del derelitto scienziato Augustine (George Clooney), malato ma nonostante ciò sopravvissuto in un mondo quasi estinto.

Decide di trascorrere in un osservatorio nell’Artide gli ultimi mesi di vita, mentre il resto degli altri occupanti della base si trasferiscono nei rifugi sottoterra, per sfuggire all’atmosfera ormai divenuta irrespirabile. Non è una soluzione durevole. Moriranno là sotto, anche se non subito. È un rinvio patetico e sostanzialmente inutile in attesa del “niente di meglio”. Mentre Augustine si ubriaca, si distrae facendosi trasfusioni e giocando a scacchi con se stesso, piano piano si trova a rimuginare sull’unico grande amore della propria vita: la bionda e spigolosa Jane, interpretata da Sophie Rundle (Peaky Blinders). Tra lui e lei le cose non sono andate granché bene e il poveretto ancora ne soffre, dandosi la colpa di tutto quanto. Per distrarsi un po’ dalle proprie disgrazie, Augustine decide allora di contattare l’unica missione spaziale ancora attiva, denominata Eather, giusto per godersi le loro facce quando sapranno le belle nuove dal Pianeta T. che ormai sta per Tossico. Nel mentre, scopre che non è rimasto solo lui all’osservatorio. C’è anche una bambina, Iris (Caoillin Springall) la quale non parla e ha un’aria piuttosto misteriosa, quasi spettrale. Nonostante tutto, la piccola diventa sempre più uno sprone per lo stanco scienziato. Augustine quindi reagisce alla depressione e tenta di raggiungere assieme alla bimba un’altro osservatorio disperso nelle nevi, sperando di trovare altro cibo e tecnologie migliori per contattare gli astronauti. Abbiamo bisogno di speranza e di ottimismo cinematografico in questi tempi infetti? Naah, non sapremmo cosa farcene dei bubble dreams americani, però vogliamo evasione e l’eterea disfatta di The Midnight Sky, intasa il nostro canale della solitudine peggio delle zone rosse e arancioni. Qui non si parla di virus, è esatto, ma di maschere sì.

Fa da contrappunto allo scenario brullo e definitivo del vecchio e la bimba (i due sono degli Alfa e Omega troppo distanti ginecologicamente per pensarli come novelli Adamo ed Eva) un equipaggio abbastanza allegro tra le stelle. Sulla nave spaziale Eather, che orbita intorno a Giove, ci sono per la precisione, cinque persone giovani e feconde: tre uomini e due donne, di cui un paio sono immancabili esponenti di colore e, tra le astronaute, ce ne sta pure una incinta (Felicity Jones). I sopravvissuti farebbero meglio a rimanere nello spazio e accontentarsi di essere l’oasi di una specie estinta, ma no, meditano di tornare a morire con tutti gli altri. A un certo punto è lecito chiedersi cosa stiamo a guardare, visto che non c’è scampo per nessuno in uno scenario così disperato, ma al film non interessa avere la meglio sull’apocalisse. Sì, ci sarebbe una colonia intorno a Giove dove è possibile vivere e su cui ricominciare a fare i casini che ci hanno portato a distruggere la Terra, ma quella è proprio per gli inguaribili feticisti del lieto fine. La questione che interessa Clooney è piuttosto un’altra. Si può dedicare la propria esistenza a cercare di offrire una nuova vita all’umanità e allo stesso tempo rinunciare alla propria? Sì o no? Curioso che l’interrogativo antico come gli dei: se sia giusto preferire quello che vuole la natura (riprodursi e crepare) o cosa vogliamo noi (l’immortalità, tre Ferrari nel garage, una carriera politica) sopravviva nel cuore dell’ultimo uomo, fino alla fine dei tempi. Aspettatevi un soffice colpo di scena e in definitiva una risposta. Ottima l’idea far interpretare il giovane Augustine, non a un pennellato Clooney, magari ritoccato indegnamente col CGI, ma al discreto e abbastanza somigliante Ethan Peck (Penny Dreadful: City Of Angel).