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The Lockdown Tower

2022
Titolo Originale:
La Tour
REGIA:
Guillaume Nicloux
CAST:
Angèle Mac (Assitan)
Hatik (Ahmed)
Ahmed Abdel Laoui (Chakib)

Il nostro giudizio

The Lockdown Tower è un film del 2022, diretto da Guillaume Nicloux.

Se per Kathryn Bigelow Il buio si avvicina, per quel nichilista di Guillaume Nicloux l’oscurità è già tra noi, pronta a mozzicare e smembrare come il peggiore dei babau. Ed è appunto una sovrannaturale e decisamente mortifera darkness quella che sembra avvolgere, così dal nulla, il fatiscente caseggiato Ai confini della realtà nel quale il brulicante e multietnico formicaio umano di The Lockdown Tower si trova a destarsi un bel mattino. Un cinico Condominium di ballardiana memoria: un pulsante organismo vivente le cui stranite e inermi cellule, poste dinnanzi al divino (o satanico) fatto compiuto, senza più il supporto della rassicurante tecnologia si troveranno costrette ad imbracciare armi e rancore per combattere, ciascuna a modo proprio, l’apocalittica Tenebra che tutto ingoia ed oblia come nell’andersoniano Vanishing on 7th Street. Ma giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno, contro il Nulla che impera e dilaga al di là di porte e finestre non c’è fronte comune che tenga; soprattutto quando l’affamato spettro dell’homo homini lupus, nutrito a stento con quel poco di pane e diffidenza ancora disponibili, finirà per farsi strada nell’inaridito cuoricino di un’umanità ormai regredita al più laido stato di natura.

È dunque un’allegorica fotografia della nostra impietosa attualità – e del catastrofico destino della stessa aronofskyana Madre! Terra – quella che il visionario e pessimista monsieur Nicloux sceglie di scattare con la cupissima lente di The Lockdown Tower, dipingendo un desolante e desolato kammerspiel (o meglio un palastpiel) nel quale, al di sotto di quello spesso strato di decadente surrealismo che molti punti interrogativi lascia a marcire fra topi e umidità, fa capolino il provocatorio sguardo sociologico di quello scomodissimo Nostradamus conosciuto come Michel Houllebecq, il cui ingombrante germe letterario  – già portato sullo schermo per ben due volte dall’amico Guillaume – finisce per acquisire un peso specifico ben superiore a quello di una semplice dedica. Attraverso la formula di un’incubotica lotta di classe, combattuta fra i piani di una prigione di cemento che si fa metafora di una vera e propria piramide sociale, l’autorevole (e autoriale) narratore di Melun – estremamente prolifico tanto sulla carta quanto dietro la macchina da presa – imbastisce un crudo e a tratti violentissimo gioco al massacro. Gruppi e schieramenti nascono e muoiono attorno a valori effimeri quali la religione e il colore della pelle, abbandonati ai propri istinti e ai pericoli di una rediviva superstizione che finirà per trascinarli tra le fauci di un Vuoto che, così come quello cosmico verso cui andrà inesorabilmente alla deriva la comunità-vascello dell’esistenzialista Aniara, metterà l’obliante parola FINE a un’Odissea più visceralmente umana che kubrickianamente spaziale.

Che The Lockdown Tower sia un film ostico è chiaro come il sole. O scuro come la notte, tanto per rimanere in tema. Un’opera profondamente e, forse, insistentemente troppo ermetica per poter rimanere ancorata ai semplici confini del genere, sfruttando piuttosto quest’ultimo come suggestivo trampolino per impelagarsi in un rischiosissimo Salto nel buio. Ed è appunto una profonda oscurità di fondo che si respira dentro e fuori le criptiche metafore che fanno da impalcatura a questo filmico limbo: pericolante quanto il dantesco casermone che ne costituisce il terreno di coltura e pronto ad implodere sotto il peso degli stessi infernali – ma impietosamente bidimensionali – personaggi che lo infestano, così come in un caotico e surreale incubo pittorico targato Bosch. Un orrorifico fanta(scientifico) thriller che nasce dal nulla, così come ogni cinematografica cosmogonia condominiale sin dai tempi del demiurgico Eraiserhead, che si poggia appunto su di un lynchano nulla e che proprio da quel metafisico ed inspiegabile (oltre che inspiegato) Nulla rischia di essere inevitabilmente divorato; senza che alcun happy ending o deus ex machina giunga a salvare capra, cavoli e questa alienata The Horde di inselvatichiti affittuari.