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The Killer

2023
REGIA:
David Fincher
CAST:
Michael Fassbender (il killer)
Charles Parnell (Hodges)
Tilda Swinton (non ha nome)

Il nostro giudizio

The Killer è un film del 2023, diretto da David Fincher.

“Se le regole che hai seguito ti hanno portato a questo punto, a che servivano quelle regole?” la provocazione che il sicario Anton Chigurh/Bardem lanciava ad un impotente Carson Wells/Harrelson in quel capolavoro che è Non è un paese per vecchi, si attaglia perfettamente anche a The Killer, nuovo film di David Fincher in concorso a Venezia 80, e dopo un passaggio in poche sale selezionate disponibile su Netflix dal 10 novembre 2023. Film basato sull’omonima serie a fumetti di Matz, con cui l’autore di Seven e Zodiac torna al genere che gli è più congeniale, ovvero il thriller, firmando un’opera netta, pulita, con un protagonista inesorabile e senza redenzione. Il protagonista, ca va sans dire, è un sicario infallibile (o forse no?), ormai personaggio archetipico dal fascino indiscutibile per una larga e trasversale fetta di pubblico: dallo Joubert de I tre giorni del condor allo Sciacallo del film omonimo di Zinnemann, per passare dagli eroi bessoniani Nikita e Leon per arrivare al glaciale già citato Chigurh del film dei Coen, giusto per citarne alcuni. A interpretarlo in questo caso è un ritrovato Michael Fassbender, perfetto e impassibile nelle vesti del professionista di turno, di cui non sapremo mai il nome. Il protagonista segue rigorosamente un proprio codice per restare vivo, ripetuto perpetuamente dentro di sé come un mantra. Proprio come sentenziato da Chigurh nel film dei Coen, tali regole non impediranno neanche al nostro Killer fincheriano di mandare tutto in vacca, sbagliando mira nell’attimo fatale, all’inizio del film, proprio durante un incarico importante, subendone così le gravi conseguenze. Da qui si scatenerà una catena di eventi che vedranno il sicario passare da un omicidio all’altro per rintracciare il misterioso cliente che gli aveva commissionato la delicata missione di cui sopra e che ha cercato di fargli la pelle.

Il rigore del killer nel seguire le sue regole e nell’avere il proprio mondo sotto controllo sembra quasi una metafora del lavoro meticoloso di Fincher come regista, notoriamente perfezionista e rigorosissimo nella messa in scena come nelle riprese. Riguardo questo paragone da noi proposto in sede di conferenza stampa, l’autore di Fight Club ha trovato affascinante l’analogia, in quanto entrambi i professionisti sono legati alla tecnologia, la posta in gioco è alta (di più per il killer), ed entrambi possono fallire. Infatti qualcosa sfugge al sicario, come se il suo inconscio volesse rompere l’architettura di regole da lui stesso costruita per vedere che succede. Una sorta di apertura, inconsciamente desiderata, all’imprevisto, di cui però lo stesso protagonista è inconsapevole, come affermato dallo stesso Fincher in risposta ad un’altra nostra domanda in sede veneziana, dove il regista ha usato la metafora degli strati di cipolla per descrivere la complessità del personaggio. Il killer di Fincher è infatti più sfaccettato di quanto si pensi e, nel corso del film, scopriremo aspetti insospettabili della sua vita privata. Ma, come detto all’inizio, non esiste alcuna redenzione per lui, né per lo spettatore che ne segue, affascinato, le mosse e che si ritroverà a parteggiare, o perlomeno a stare in ambasce, per un personaggio che non esita a far fuori persone innocenti che si trovano sul suo cammino. In questo consiste infatti il fascino perverso del sicario infallibile, cui molti spettatori, volenti o nolenti, sono vulnerabili. Siamo ormai abituati da centinaia di film ad ammirare la dedizione e l’eccellenza professionale di killer che non si fermano davanti a nulla per arrivare al proprio obiettivo e questo ci da quel brivido che non potremo mai provare nella vita quotidiana: assaporare per un attimo quel gusto dell’onnipotenza che il sicario ci instilla nel momento in cui toglie una vita con precisione e pulizia, per poi inorridire subito dopo per averlo provato. Se non è catarsi cinematografica questa allora quale lo è?

Dal punto di vista della forma The Killer è ineccepibile come tutti i film di Fincher, che qui riesce a rendere i 5-6 omicidi che scandiscono la storia, con modalità di messa in scena, montaggio, riprese e sonoro diverse, a seconda del senso che assume ognuna di quelle esecuzioni nell’economia della trama. Se alcuni omicidi vengono consumati all’improvviso, con freddezza, altri, come il penultimo, si dipana invece in un lungo e complicato corpo a corpo all’interno di una casa, puntualmente sfasciata. La brutalità di questo scontro, perfettamente orchestrato e gestito visivamente in modo tale che lo spettatore non perda mai il dove e il chi, colpisce come un proiettile i sensi dello spettatore che viene coinvolto a tutti i livelli. Notevole il lavoro sul sonoro che imposta la focalizzazione narrativa della vicenda, internamente al protagonista, che racconta in prima persona. Seguendo le sensazioni soggettive del personaggio che, per concentrarsi ascolta ossessivamente gli Smiths in cuffia, il suono delle canzoni diventa diegetico oppure extra-diegetico, a seconda dell’inquadratura. Anche il monologo interiore del Killer, per esempio quando ripete il suo mantra di regole per sopravvivere, viene interrotto bruscamente dagli eventi esterni che gli accadono. Il dialogo finale con Tilda Swinton è da antologia dei film di sicari: lucida consapevolezza, tensione a mille, filosofia dei massimi sistemi e inutili giustificazioni morali di vita davanti ad un magnifico assortimento di whisky, con Fassbender che ascolta impassibile gli ultimi scampoli di lucidità di una amministratrice del crimine.