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The Handmaid’s Tale – Stagione 2

2018
Titolo Originale:
The Handmaid's Tale
REGIA:
Mike Barker, Kari Skogland, Jeremy Podeswa, Daina Reid
CAST:
Elisabeth Moss (June Osborne/Offred)
Joseph Fiennes (Comandante Fred Waterford)
Yvonne Strahovski (Serena Waterford)

Il nostro giudizio

The Handmaid’s Tale – Seconda stagione è una serie tv del 2018, ideata da Bruce Miller.

“Praised be”. È quello che viene in mente di dire una volta finito questo secondo atto di The Handmaid’s Tale. Molti non saranno d’accordo, ma non si è mai vista tanta pochezza in una singola stagione televisiva. La prima aveva avuto un impatto straordinario: uno script non originale, anche per lo schermo, ma sfruttato a dovere, una qualità registica e attoriale invidiabile; ma soprattutto c’era il genere, la fantascienza distopica a fare da colonna portante del racconto. La direzione era chiara, salvo poi doversi confrontare con un problema non da poco e che ha condizionato la buona riuscita del prosieguo: gli argomenti si sono esauriti sin dalla fine della prima stagione. Da dramma sociale, la dittatura di Gilead è dovuta sfociare inevitabilmente in diverse diramazioni: ogni personaggio doveva avere dunque la propria tragedia privata e la propria strada da percorrere. Va detto, però, che anche sulla scrittura di alcuni personaggi questo secondo capitolo ha delle pecche rilevanti, tra scelte al limite della schizofrenia (Serena) e caratteri trattati con sufficienza (comandante Joseph Lawrence). Ma afferriamo il segnalibro e ripartiamo da dove eravamo rimasti: avevamo lasciato June incinta e alle prese con i primi segnali di ribellione delle ancelle.

Sia Aunt Lydia che i Waterford non la lasciano mai da sola, assicurandosi che la sua gravidanza proceda secondo norma. Suo marito Luke e l’amica Moira si sono riuniti in Canada e stanno cercando di avere notizie sulla sua sorte. Nel frattempo il rapporto con l’autista Nick si fa sempre più intenso. Prosecuzione coerente, ma poi? Finisce la miscela, quella che manda avanti quest’auto di lusso che, appunto, consuma velocemente le proprie qualità. Si ricorre dunque a ribaltamenti narrativi continui per tenere lo spettatore sul pezzo: colpo di scena in coda di puntata ed il pubblico è assicurato anche per la prossima. E bisogna dire che funziona, accidenti se funziona. Si pensi solo al personaggio di June (Elisabeth Moss) e alle peripezie, termine quanto mai adatto, che vive in questa seconda stagione: si prende una direzione che poi viene smentita e che non porta ad alcun tipo di deviazione, poiché il personaggio ci viene restituito come l’avevamo lasciato. Per altri personaggi si denota invece uno sviluppo davvero interessante e inedito, vedasi Aunt Lydia, carattere che beneficia dall’inizio di un’ottima scrittura e della migliore interpretazione di tutta la serie  (qui Ann Dowd è un mostro).

Non mancano i momenti intensi, come un attentato, un’esecuzione in piscina e, ci si conceda lo spoiler, il parto che tutti aspettano dalla fine della prima stagione. Il problema rimane però lo stesso: la scrittura è quanto di meno lineare si possa trovare oggi. I già abusati flashback di June, a cui si aggiungono in questa stagione anche quelli di Emily (Alexis Bledel), sono diventati il motore narrativo di ogni puntata, l’elemento che giustifica tutto il suo scorrere. Scelta che risulta alquanto discutibile, visto che così operando si decide di continuare ad approfondire un background già abbastanza trattato e si perde tempo prezioso per lo sviluppo di quello che dovrebbe essere il tema portante: la ribellione contro Gilead. Si arriva così ad un finale apertissimo, indirizzato verso la terza stagione, che fa dunque cadere le braccia su tutti i fronti, specialmente per manifesta inconcludenza. Per la stagione appena passata, si può soltanto presumere che le abbiano riservato la funzione di filler.