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The Furies

2019
REGIA:
Tony D'Aquino
CAST:
Airlie Dodds (Kayla)
Linda Ngo (Rose)
Taylor Ferguson (Sheena)

Il nostro giudizio

The Furies è un film del 2019, diretto da Tony D’Aquino.

Il titolo si direbbe alluda all’eterogeneo manipolo di assassini mascherati messi in campo da questa produzione australiana. Killer vestiti da bifolchi, con maschere teriomorfe e armati di lame a scelta, tra falci, pugnali, asce e compagnia affettante. Si muovono, costoro, in un’allucinante foresta di eucalipti dove vengono portate, dentro scatolone nere, donzelle rapite a destra e a manca. Lo scopo è fungere da prede per i “maniaci”. Quindi, ci troviamo direttamente sparati nel bel mezzo della più classica delle pericolose partite, volgarmente dette caccie all’uomo. In realtà, le cose non sono così semplici e The Furies è tutt’altro che un regesto datato 2019 dell’archetipo del conte Zaroff. Dopo un inizio che sembra visto milioni di volte, veniamo introdotti al plot attraverso gli occhi della bravissima (è proprio brava) Airlie Dods, che mentre sta facendo graffiti con un’amica di colore, si ritrova, rapita e sedata, nel bosco scheletrico a cercare di schivare i fendenti degli uomini-maschera, che fanno venire in mente sia Faccia di pelle sia Michael Myers – e verosimilmente sono proprio questi classici che Steve D’Aquino, sceneggiatore e regista, vuole richiamare.

La Dods scopre che altre come lei sgattaiolano, tra gli alberi e un gruppo di catapecchie, nei paraggi di una miniera abbandonata. Che se si tenta di uscire da un certo perimetro, le teste esplodono. E che nell’occhio sinistro delle vittime (appunto: ma chi sono le vittime?) è stato impiantato qualcosa. Le tre fasi canoniche di questo genere di film, difesa, consapevolezza e passaggio all’attacco da parte dell’olocausto, sono rispettate, ma la narrazione prende alla gola e avvince. Non solo perché la protagonista ha una marcia in più (oltretutto, soffre di attacchi epilettici che ogni tanto la bloccano in uno stato stuporoso), ma perché l’effettistica cruenta è da Oscar (memorabile la faccia tagliata via con la lama di una scure) e l’atmosfera che aleggia nel campo di gara – hanno girato nei pressi di Canberra – è inedita e pregnante. Il finalissimo, quando il titolo si invera ma in un senso diverso da come abbiamo detto all’inizio, darà pure l’impressione di essere stato visto già decine di volte, tale e quale; nondimeno, funziona.