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The Final Wish

2018
Titolo Originale:
The Final Wish
REGIA:
Timothy Woodward Jr.
CAST:
Aaron (Michael Welch)
Lisa (Melissa Bolona)
Kate (Lin Shaye)

Il nostro giudizio

The Final Wish è un film del 2018, diretto da Timothy Woodward Jr.

Qual è il vostro più bruciante desiderio? Quello vero, ovviamente. Su forza, rispondete senza pensarci troppo! Tanti soldoni? Addominale tartarugato? Fondoschiena e labbra a canotto? Oppure l’utopica e beneamata pace mondiale? Sia come sia, noi, che siamo di più umili e modesti appetiti, chiediamo invece una sola piccola cosa: un horror come il buon Creatore, nell’alto della sua onnisciente benevolenza, ci ha a suo tempo comandato, sgombro di tutte le stucchevoli cazzabubbole che negli ultimi anni ci hanno penosamente fatto afflosciare gonadi e spirito. E finalmente pare che il buon santo protettore del cinema di genere, forse mosso a pietosa compassione dinnanzi alle vagonate ancora calde e fumanti di obbrobri filmici de (poco) panico e de (ancora meno) paura, abbia deciso di intercedere per noi, portando a buon termine il travagliato parto di The Final Wish. Un prodotto caruccio assai che, senza troppa infamia e senza eccessiva lode, si mostra capace di intrattenere e di causare anche qualche sporadica provvidenziale tachicardia, senza per questo strepitare al miracolo. Il tutto, a dir la verità, partendo da un’idea nemmeno poi così tanto fresca, la quale riporta in auge il sempreverde lato oscuro dei desideri così a lungo agognati e magicamente posti in essere da una malefica entità ultraterrena che, manco a farlo apposta, non si scomoda certo se di mezzo non c’è qualcosa per cui divertirsi. Meglio ancora se in compagnia di qualche truculenta dipartita.

Ed è proprio contro una tale birichina forza ultramondana che il povero Aaron (Michael Welch) si trova a dover combattere, dopo aver scovato, fra le cianfrusaglie del papino atrocemente da poco spirato, una stranissima urna, la quale sembra proprio in grado di esaudire ogni più recondita brama. Salvo poi presentare un conto parecchio salato e macchiato di sangue all’inerme avvocato, il quale dovrà cercare di difendere la formosa fidanzatina Lisa (Melissa Bolona) e la sbroccatissima mammina (l’immensa e attempata creepy queen Lin Shaye) dalle bizze della malevola entità proveniente dall’Altrove, di tutt’altra pasta rispetto al loquace e sbarazzino genio di Aladino. Va subito chiarito che, volente o nolente, con i generi bisogna saperci fare, e anche parecchio. E sicuramente Timothy Woodward Jr. è uno che di generi se ne intende assai, essendoseli, nel bene e nel male, girati e rigirati un po’ tutti, esordendo proprio con l’horror – ricordate 7 faces of Jack the Ripper e Gnome Alone? No? Male, rimediare subito! -, passando attraverso pesanti trashate action-thriller – rimembrate SWAT: Unit 887 e il becerissimo Il buono, il brutto è il morto? Si? Ecco, appunto… – e fermandosi per strada a fare benzina alle prosciugate pompe della sci-fi (Weaponized) e del western (TradedHickok), senza disdegnare nemmeno una veloce pisciatina nell’incrostata toilette del gangster movie (Gangster Land). E così, dopo tanto peregrinare a destra e a manca senza una meta ben precisa, il Nostro ha saggiamente scelto di ritornare alla casa base, non prima però di essersi sottoposto a una sessione intensiva di storiografia cinematografica dedicata alla suggestiva – e, a dirla tutta, davvero poco sfruttata – figura del Jinn malefico.

Attingendo a piene mani dalla scodella del seminale Wishmaster e spezzando il tutto con un’abbondante spolveratina di Wish Upon e qualche granello del famigerato Death Note, Woodward mette in scena un piccolo e gustoso incubo sparaflashato al neon modello Refn, dove, tra parecchi cliché di troppo e qualche trovata veramente geniale, il divertimento è più che assicurato, in attesa che il gommoso faccione del demone di turno faccia la sua gloriosa comparsa, evocando da lontano lo spettro artigianale di babbo Lucio Fulci. E poi, suvvia, c’è lei. La somma, immensa, eccelsa e inquietantissima Lin Shaye! Una che farebbe la sua perturbante porca figura anche in una pubblicità di pasta adesiva per dentiere. È lei che, con i suoi terrificanti scatti d’ira da grottesco lynchano, ci tiene letteralmente incollati allo schermo, pregando in ginocchio che l’inquadratura termini al più presto per poter tirare un attimo il fiato in attesa di una sua nuova performance da pelle d’oca. Il resto si lascia guardare più che volentieri senza troppi mal di pancia. Ma sia ben chiaro: senza le terrificanti sbroccate della nostra cara Lin saremmo decisamente nell’universo del modestamente accettabile. O del mediocre, come tanti palati fintamente fini amano spocchiosamente definire. Amici cari: averne di mediocrità di questa pasta ai tempi d’oggi!