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The End of the Tour

2015
Titolo Originale:
The End of the Tour
REGIA:
James Ponsoldt
CAST:
Jason Segel (David Foster Wallace)
Jesse Eisenberg (David Lipsky)
Anna Chlumsky (Sarah)

Il nostro giudizio

The End of the Tour è un film del 2015, diretto da James Ponsoldt.

L’uscita è prevista in febbraio, ma The End of the Tour è stato già presentato sia al Sundance Film Festival che alla Festa del Cinema di Roma nell’anno appena trascorso e distribuito nelle sale americane in luglio, dalla A24 Films. La pellicola è interamente basata sul libro del giornalista David Lipsky, Come diventare se stessi, nato dalle conversazioni con lo scrittore David Foster Wallace. Durante l’inverno del 1996, il giovane David Lipsky (Jesse Eisenberg, che era già apparso nelle vesti di Mark Zuckerberg in The Social Network) decide di proporre alla rivista per la quale lavora – Rolling Stone – una lunga intervista a David Foster Wallace (Jason Segel), seguendolo nel tour promozionale del suo secondo romanzo: Infinite Jest. In quei cinque giorni, munito di registratore, seguirà lo scrittore lungo un viaggio che lo porterà non solo in diverse parti degli States, ma anche e soprattutto alla ricerca di se stesso. The End of the Tour è un film biografico per metà, nel senso che difficilmente ci aiuta a capire quali sono stati gli avvenimenti rilevanti nella vita di Wallace, ma ci cala semmai nel cuore pulsante delle sue ossessioni.

Una specie di road movie statico, così come è stato definito, focalizzato in modo più deciso sugli ambienti intimi dello scrittore, si tratti della sua casa o dei suoi ricordi. Una figura di certo controversa, quella di David Foster Wallace, laureato in letteratura inglese e filosofia, che venne anche ricoverato in una clinica psichiatrica prima di diventare professore di scrittura creativa al college. Il suo romanzo d’esordio (nonché la sua tesi di laurea), La scopa del sistema (del 1987), l’avrebbe consacrato come una delle voci più rilevanti del panorama post-moderno. Una vera e propria “rockstar della letteratura contemporanea”, insomma, che non ammette vie di mezzo fra ammiratori e detrattori, proprio per lo stile complesso (Infinite Jest è un tomo di più di mille [1.179 nell’edizione Einaudi] pagine oltre a duecento di note) e allo stesso tempo ironico e acuto che lo caratterizza. Il regista James Pondolt è bravo a gettare uno sguardo attento sull’amicizia che, pur con le sue tensioni ed equivoci, nasce tra i due protagonisti, senza ricorrere ad alcun tipo di incursione cinematografica.

Segel, dal canto suo, riesce nell’intento di riportare nella pellicola i tormenti e le fragilità che segnavano l’esistenza del Wallace reale, il suo bisogno di dare un senso e un ordine al caos, scrutandone ogni più piccola particella. Si scontrerà presto con l’impossibilità, attraverso la scrittura, di riuscire in questo intento, di riuscire a comunicare in modo empatico con i lettori e senza sottrarsi all’abbagliante luce dei riflettori puntata su di sé. Sarà questa scoperta a (ri)portare l’autore statunitense sulla strada della depressione, fino al suicidio, il 12 settembre del 2008. Di lui resteranno certamente i romanzi, i saggi, i racconti, gli articoli, le innumerevoli interviste e questo film; non solo, resterà la determinazione di un uomo che – come traspare dal lavoro di Pondolt – era incapace di arrendersi ai suoi limiti, nella ricerca costante di sé, ma che grazie alla sua autenticità e alla sua coerenza ci aiuterà a sentirci tutti un po’ meno soli, fino alla fine del tour.