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The Demolisher

2015
Titolo Originale:
The Demolisher
REGIA:
Gabriel Carrer
CAST:
Ry Barrett (Bruce)
Tianna Nori (Samantha)
Jessica Vano (Marie)

Il nostro giudizio

The Demolisher è un film del 2015, diretto da Gabriel Carrer

Il più grande merito da cineasta di Gabriel Carrer è stato quello di averci dimostrato come l’archetipo del vendicatore mascherato – soprattutto per quanto riguarda i suoi lati più oscuri e ambigui – non sia più proprietà esclusiva dei marchi Marvel e DC, poiché la frenesia della vita (post)moderna è spesso in grado di spingere chiunque di noi a compiere gesti estremi pur di far valere le proprie ragioni. Se già Michael Douglas in Un giorno di ordinaria follia ci insegnava quale psicosi distruttiva possa colpire l’uomo comune posto sotto l’eccessiva pressione dalla società, ecco che The Demolisher innalza a un livello superiore questa consapevolezza, delineando la paranoia ossessivo-compulsiva che solitamente si nutre dei crudeli demoni del rancore e della vendetta. Protagonista di questa discesa negli inferi in medias res è Bruce (un Ry Barrett sciroccato e decisamente troppo sopra le righe), uomo della folla costretto a vivere due faticose e parallele esistenze: di giorno anonimo riparatore di televisori e di notte giustiziere solitario in tenuta antisommossa con il compito di scovare ed eliminare i presunti membri di una gang responsabili della paraplegia della moglie Samantha (Tianna Nori), ex poliziotta incappata in una tragica imboscata.

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Sarà il malefico destino, sotto forma di una collana perduta ed erroneamente creduta rubata, a far si che la dilaniata vita dell’uomo si scontri fatalmente con quella della giovane studentessa Marie (Jessica Vano) affetta da un’irreversibile e imminente distrofia muscolare, dando origine a un’allucinante caccia al gatto col topo dai risvolti pericolosi e imprevedibili. Pesantemente e ossessivamente debitore del cinema crudo e formalista di Nicolas Winding Refn, The Demolisher mette in scena – attraverso un impianto eccessivamente manierista – la schizofrenia e la paranoia che crescono come un cancro nella mente e nel cuore di un uomo avviluppato dai sensi di colpa, un essere solitario trincerato dietro un casco e un’uniforme militare che ne annullano qualunque connotato umano fino a trasformalo in un animale da combattimento privo di qualunque contatto con la realtà, tutto in nome di una vendetta contro un nemico divenuto ormai puramente metaforico. Citando sino allo sfinimento i rallenty evocativi di Valhalla Rising e la psichedelica fotografia ultrasatura e patinata di Solo Dio perdona, Carrer compie un’operazione che risulta tutto sommato interessante nelle sue premesse iniziali, finendo tuttavia per affievolirsi e rinsecchire mano a mano che i minuti scorrono.

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Complice anche, forse, il reiterato ipnotismo di una techno minimal music che pare traslata di peso dal repertorio acustico del regista di Drive piuttosto che la scelta di ridurre al minimo i dialoghi fra i personaggi, lasciando che siano i silenzi e i rumori ambientali a fare da contrappunto a immagini spesso troppo estetizzanti e fini a se stesse. Nemmeno il simbolico parallelismo che unisce i destini di Samantha e Marie – la prima in lotta per riacquistare la mobilità e la seconda in procinto di perderla per sempre – secondo la legge del do ut des risulta in grado di conferire sufficiente spessore a un’opera eccessivamente piena di sé che compie il deprecabile errore di puntare tutto sull’estetica dimenticandosi totalmente della sostanza, dirigendosi decisa e tronfia verso il sole dell’autorialità ma finendo per emulare Icaro e cadere rovinosamente sulla terra del semplice intrattenimento di genere.