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The Courier

2021
REGIA:
Dominic Cooke
CAST:
Benedict Cumberbatch (Greville Wynne)
Rachel Brosnahan (Emily Donovan)
Jessie Buckley (Sheila Wynne)

Il nostro giudizio

The Courier è un film el 2021, diretto da Dominic Cooke.

The Courier all’inizio, per sapore, ricorda un po’ la serie di Harry Palmer, quella interpretata da Michael Caine ai tempi della Swinging London. Uno si aspetta quindi molta ironia, colpi di scena a go-go, una buona dose di brutalità e qualche garbato flirt. Invece no, questa è la versione sincera di cosa sia stato lo spionaggio ai tempi di James Bond. Non c’è alcuna “figaggine”, niente macchine rombanti e giocattoli assassini: solo colite e crisi famigliari. The Courier non è uno spy-vintage, ma un vero e proprio dramma tratto da una storia vera. Ci ripiomba negli anni della Guerra Fredda, quando il mondo credeva di morire da un momento all’altro e negli attimi in cui non immaginava funghi atomici, fantasticava sui volti di marmo dei russi, pedofaghi e squattrinati. Il vero limite dei film di spionaggio, ieri come oggi, è che pascolano in una selva di stereotipi razzisti. Nonostante ora si stia facendo un’epurazione nazi in favore del multiculturalismo, dando quindi l’ennesima dimostrazione che “il totalitario” si manifesti nelle più disparate e mentite spoglie, anche The Courier non viene meno alla tradizione di luoghi comuni, nello specifico quelli anti-comunisti. Intendiamoci, si tratta di un buon film, magari è un po’ lento, ma gestito con mestiere e misura, però non ci risparmia l’ennesima rappresentazione di Mosca in stile Rocky IV: con il popolo senza gioia e piantonato dalla paura di finire in un gulag e il KGB crudele e spietato.

Non c’erano buoni e cattivi nel mondo nuclearizzato degli anni 60. Lo sanno anche i bambini mangiati dai comunisti allo spiedo. Non ci sono mai stati buoni da una parte e cattivi dall’altra, in nessun posto del mondo. Greville (è il bel nome del protagonista) non ha la stoffa dello 007, ma proprio per la sua totale incapacità nel salto e nel tuffo amatorio, è scelto e promosso a corriere. Lui non vuol saperne, è solo un uomo d’affari, ma gli basta capire che c’è di mezzo la sicurezza del paese e di conseguenza, la salvezza della propria famiglia, per accettare suo malgrado di partecipare a un gioco molto più grande di lui. A interpretarlo c’è Benedict Cumberbatch, che può permettersi questo suo nome fuori da ogni grazia mnemonica, perché tutto il resto ci risulta famigliare. Potrebbe essere la versione inglese di Ethan Hawke, ma proprio il suo fare british lo porta più nei ranghi somatici di Vincent Price. Non se la cava con un po’ di snello gigionismo, va detto, potrebbe ma non lo fa. Si sacrifica anima e chili per quella che forse sarà ricordata, Doctor Strange permettendo, come la più intensa interpretazione della sua carriera. Sentir parlare con tanta gravità, i governativi inglesi e i russi, di fine del mondo in una sola “fiarata”, missili in decollo e bunker tombali, offre la possibilità di riflettere su… altro.

Non ce ne frega più nulla delle armi nucleari, diciamo la verità, così come non ricordiamo nemmeno un’eventualità come l’AIDS o il terrorismo aereo di linea. Se i media non ci fracassano le balle ogni giorno con questi argomenti, smettono magicamente di “esistere” e di preoccuparci. Non passiamo mai una nottata in bianco a pensare ai missili russi. Nemmeno a quelli americani o gli ordigni coreani e di chiunque altro. Potremmo rigirarci nel letto a riflettere sulle conseguenze del riscaldamento globale se non ci fosse il Covid e mediaticamente, null’altro che questo piccolo figlio di puttana. Noi oggi sogniamo cose meramente batteriologiche. Ci piacerebbe vedere il virus come frutto di un attentato, così da sperare di vincere la guerra contro un nemico altamente tecno-bastardo ma pur sempre umano. Invece è la natura a farci un brutto scherzo. Non ci ama e non ci odia, semplicemente se ne frega di noi. I terremoti, gli tsunami e le pandemie sono il suo modo di snobbarci. Così come nel mondo di The Courier non si pensava alle malattie contagiose e alle pestilenze, oggi non si perde tempo a rimuginare di funghi. In entrambi i casi il mondo sbagliava e sbaglia, perché temeva e teme una sola versione della fine imminente, quando i finali sono innumerevoli e quasi sempre inaspettati, come nel buon cinema. The Courier è tutto sommato un buon cinema, con la giusta dose di cazzate e di verità, di patetiche scorrettezze e di pura bellezza.