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The Canal

2014
Titolo Originale:
The Canal
REGIA:
Ivan Kavanagh
CAST:
Rupert Evans (David)
Antonia Campbell-Hughes (Claire)
Hannah Hoekstra (Alice)

Il nostro giudizio

The Canal è un film del 2014, diretto da Ivan Kavanagh

Il pericoloso confine che divide la citazione dal plagio è da sempre considerato così labile e farraginoso da indurre sovente grandi e piccoli autori a valicarlo con estrema facilità e apparente noncuranza, lo stesso tipo di atteggiamento che sembra aver avuto Ivan Kavanagh al momento di dover dar forma a The Canal. Concepito a tutti gli effetti come un’ennesima variante di Amityville Horror, il scritto e diretto dal regista dell’ottimo Tin Can Man torna a parlarci – stavolta in chiave cinéphile – dell’orrore ancestrale radicato in una specifica dimora e trasmesso viralmente a tutti coloro che vi risiedono nel corso del tempo, un incubo inimmaginabile con cui il giovane e depresso archivista di cineteca David (Rupert Evans) si trova a dover fare i conti nel momento in cui viene a conoscenza, tramite alcune vecchie pellicole fornitegli dalla collega Claire (Antonia Campbell-Hughes), che l’abitazione nella quale si è da poco trasferito assieme alla moglie Alice (Hanna Hoekstra) è stata vittima di una serie di terribili omicidi familiari a partire dal 1902, forse legati a qualche oscura pratica satanico-spiritistica. Le cose però si complicano parecchio quando la giovane consorte, sospettata da David di tradimento, sparisce nel nulla, lasciandolo da solo con il figlioletto e braccato dalla polizia in quanto unico possibile colpevole, il tutto mentre terribili allucinazioni e inquietanti avvenimenti iniziano a sconvolgere la vita dell’uomo.

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Lasciandosi decisamente alle spalle i fasti del passato, senza tuttavia perdere del tutto lo smalto ricco di suggestioni che lo ha sempre caratterizzato fin dagli esordi con The Solution, Kavanagh compone un racconto profondamente discontinuo e imperfetto a metà strada fra ghost story e psycho thriller, evocando atmosfere spesso rarefatte e allucinatorie frutto di un montaggio fortemente ellittico e di un impianto estetico che pesca a piene mani nelle derive avanguardistico-sperimentali. The Canal appare evidentemente attraversato sottotraccia da una vera e propria ossessione per la natura metatestuale della tecnologia analogica delle immagini in movimento, individuando nella pellicola il supporto prediletto attraverso cui rilevare le manifestazioni fantasmatiche – allo stesso modo di Sinister – e poterle infine fissare stabilmente, arrivando persino a mettere in scena una bizzarra versione vintage di Paranormal Activity in cui, al posto delle videocamere infrarosse a circuito chiuso, viene impiegata una splendida cinepresa Débrie Parvo del 1920.

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Le persone che state per vedere sullo schermo sono morte, dunque, in un certo senso, è come se steste vedendo dei fantasmi” illustra David a un’annoiata scolaresca al principio del film, mettendo subito ben in chiaro lo stretto e affascinante rapporto tra cinema e universo ultramondano, un binomio ricco di suggestioni che tuttavia viene irrimediabilmente compromesso nel corso della narrazione nel momento in cui le strizzate d’occhio al Giro di vite di Henry James e a The Ring – con tanto di sequenza di “emersione” dell’entità non più dallo schermo televisivo ma da quello cinematografico – si fanno eccessive e ridondanti. Nonostante un ambizioso prologo cine-subliminale ispirato all’incipit di Persona di Bergman e un epilogo tanto agghiacciante da valere da solo il prezzo del biglietto, The Canal avrebbe per il resto bisogno di una potente iniezione di vitamine in grado di curare il proprio rachitismo e metterlo nelle condizioni di potersi reggere sulle proprie gambe senza ricorrere a troppe stampelle citazionistiche.