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The Call

2020
Titolo Originale:
Call
REGIA:
Chung-Hyun Lee
CAST:
Park Shin-hye (Kim Seo-yeon)
Jeon Jong-seo (Oh Young-sook)
Kim Sung-ryung (Eun-ae)

Il nostro giudizio

The Call è un film del 2020, diretto da  Chung-Hyun Lee.

Non si è ancora ben capito come mai la questione del paradosso temporale sia divenuta tanto prominente nell’estetica dello storytelling odierno. C’è sicuramente lo zampino modaiolo di Nolan e dei suoi esercizi cervellotici sulla costruzione dei tempi filmici. Un po’, però, è anche il fascino sempiterno del concept di “viaggio nel tempo”, che in termini di appeal spettatoriale non sembra aver esaurito il proprio carburante. Lo hanno capito bene Netflix e compagnia bella, che di prodotti dalla temporalità scompigliata sono ormai esperti (Dark e Russian Doll, per fare due esempi fra i più recenti). A capitalizzare ulteriormente su questo filone di successo l’onnipotente piattaforma streaming se ne è uscita questo mese con The Call, prodotto made in Corea del Sud firmato Lee Chung-Hyun che riassesta i confini del paradosso spazio-temporale sull’onda della risurrezione commerciale del cinema d’oriente post-Parasite. Al di là dell’evidente sprint commerciale, c’è una sostanziale carta vincente nello script dell’appena trentenne Lee, ispirato a sua volta a quello di uno sconosciuto thriller anglo-portoricano (The Caller, 2011).

La scelta, assai saggia, è quella di non perdersi nello spiegare l’origine dello snodo sci-fi che lega le protagoniste Seo-yeon e Young-sook, due ragazze che vivono nella stessa casa a distanza di 20 anni e che scoprono di poter comunicare attraverso il tempo mediante la medesima linea telefonica. È una mossa intelligente, che non guasta lo sviluppo della storia con spiegoni inutili e lascia carta bianca all’intreccio teso e coinvolgente, rilocato sapientemente fra coming of age e le sferzate di genere alla I Saw the Devil: (vedere per credere). Quello che è difficile da gestire in un contesto simile, d’altra parte, è rendere credibile lo status di attivo-passività rispetto al quale Seo-yeon, protagonista nel presente, possa riuscire a impattare sul passato senza avere la possibilità di intervenirvi in prima persona. Una situazione che dà spazio ad alcune trovate indubbiamente avvincenti in quanto a costruzione della suspense, ma che pone un sacco di dubbi sul piano della linearità e della coerenza narrativa.

All’insorgere dell’ennesimo colpo di scena durante il concitato atto finale, le incertezze circa la plausibilità degli eventi (su cui per evitare spoiler è meglio tacere) si sono ormai fatte strada. Il sentore è quello di un luccichio di superficie che lascia però intravedere alla lunga le crepe di un concept accattivante ma difficile da tenere a bada. Una buona capacità di sospensione dell’incredulità, chiaramente, è requisito necessario per godersi questo genere di prodotti: una regola che vale per il più modesto dei film direct to video tanto quanto per l’ultimo blockbuster di Nolan. La missione ultima in questi casi è far sì che gli inevitabili buchi siano opportunamente minimizzati. E a fine visione rimane, purtroppo, la sensazione che in The Call questo bilanciamento non sia del tutto risolto. Quelli per cui la logica narrativa viene prima di tutto possono passare direttamente al prossimo prodotto Netflix. Per chi riuscisse a mettere questo problema da parte, invece, c’è assolutamente di che divertirsi.