Featured Image

The Cage – Nella Gabbia

2023
Titolo Originale:
The Cage - Nella Gabbia
REGIA:
Massimiliano Zanin
CAST:
Aurora Giovinazzo (Giulia)
Valeria Solarino (Serena)
Brando Pacitto (Alessandro)

Il nostro giudizio

The Cage – Nella Gabbia è un film di Massimiliano Zanin, del 2023

È come quel vecchio detto di Cechov, che se in un racconto compare una pistola, sta scritto per forza che, prima o poi, debba sparare. Così, quando in un titolo di un film appare la parola “gabbia”, è giocoforza che, a un certo momento, qualcuno vi entri o, più spesso, vi esca. Nel film di Massimiliano Zanin, reduce dai documentari Istinto Brass e Inferno rosso, codiretto con sua Santità Gomarasca, ed ora esordiente al lungo con questo The Cage – Nella Gabbia, appunto, il perimetro di un luogo sbarrato e circoscritto si pone al centro del discorso; sia come metafora di ciò che nell’esistenza blocca e coarta, quindi con movimento centrifugo, di evasione, di fuga. Sia come luogo fisico in cui misurarsi con le proprie debolezze, con i propri fantasmi & demoni & tutti gli annessi e connessi. Ergo, una gabbia dove si entra per combattere. Ergo di nuovo, la gabbia quale teatro dell’agone. Come un ring. La sceneggiatura di Zanin e di Claudia De Angelis accumula e incrocia un’infinità di sensi, attorno a questa immagine-titolo, narrando di una giovane lottatrice di MMA, Giulia (Aurora Giovinazzo), ritiratasi da quando un match le ha fatto perdere il bimbo che portava in grembo.

Uscita dal cerchio cintato dei combattimenti, Giulia vive tra le gabbie reali delle bestie di un piccolo zoo, luogo di recupero per animali maltrattati o rari (c’è anche una tigre affetta da un’alterazione cromatica che in libertà morirebbe, cui Giulia è molto legata e in cui si specchia), gestito dal fidanzato Alessandro (Brando Pacitto), un ragazzo ingabbiato nella propria insicurezza, nonché succubo di un prete, Fabrizio Ferracane, che (la gabbia della religione) sui suoi tremori piazza il carico da undici. E che, quando Giulia sente riaccendersi il richiamo della lotta, gli dà il serpigno consiglio di assecondarla e di “aiutarla a fallire”. La Giovinazzo, da quella tigre che è, in pectore e di nome (combatte come Giulia The Tiger), torna ad allenarsi, coadiuvata da una trainer, Serena (Valeria Solarino, sempre ottima come attrice, sebbene terza scelta dopo Serena Grandi e dopo Asia Argento: nel draft d’origine, pare fosse enfatizzata una connection lesbica, poi abbandonata) e da un preparatore atletico che è l’ex pugile Patrizio Oliva. Lo sviluppo obbedisce alla sinusoide che è di regola nelle storie sportive sui rientri degli sconfitti, per cui: randellate sui denti al primo incontro importante, poiché, al tappeto, Giulia rivive il trauma per cui ha abortito, quindi seclusione, di nuovo, nella gabbia quotidiana col fidanzato, e quindi rinascita e riscatto, allorché viene a scoprire che l’infame Alessandro l’ha sabotata propinandole dei tranquillanti.

Più che nella progressione che condurrà The Tiger sul ring a giocarsi il tutto per tutto con la bionda brasiliana Beauty Killer (Desirèe Popper), quella che l’aveva fatta ritirare dalle scene agonistiche, The Cage è interessante per come si muove di continuo tra il concreto e l’astratto di questo gioco di gabbie, anche come resa figurativa. Giulia, una notte (dopo una bella scena in cui il fidanzato ha provato a metterle le mani addosso e si è trovato inchiodato al muro), si sveglia e va ad aprire il carcere della tigre rara; e all’interno della stessa gabbia, Pacitto, al culmine degli eventi, si porterà, nudo, alla ricerca di una espiazione, il cui esito ci guardiamo bene dal rivelare. La regia e la fotografia, di Gianni Chiarini, cooperano a creare due momenti focali della vicenda, altrettanto quanto le bagarre che impegnano in pugni, calci e corpo a corpo Aurora Giovinazzo (che al netto del valore già ampiamente assodato come interprete, manifesta doti atletiche di prim’ordine) e la tagliente Popper, per la quale è d’obbligo spezzare, anche rispetto al fisico e all’allure, una lancia. Altro pregio di In The Cage, mi pare la sua scarsa tipizzazione o geolocalizzazione o come altro la si voglia definire, ovvero che non appaia il solito film italiota, tant’è che la vicenda potrebbe benissimo spostarsi in qualunque tempo e luogo e funzionerebbe. Non penso sia merito da poco.