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The Assistant

2019
REGIA:
Kitty Green
CAST:
Julia Garner (Jane)
Matthew Macfadyen (Wilcock)
Kristine Froseth (Sienna)

Il nostro giudizio

The Assistant è un film del 2019, diretto da Kitty Green.

Jane (Julia Garner) è una degli ultimi arrivati negli uffici di un’importante casa di produzione cinematografica, ed è una lavoratrice responsabile, sempre la prima ad arrivare e l’ultima ad andarsene. Il suo impiego di assistente e segretaria va avanti da due mesi in un clima lavorativo assolutamente stressante, tra colleghi meschini e richieste continue. Ma il lato peggiore del suo lavoro deve ancora emergere: una serie di eventi ambigui rende Jane sospettosa verso il produttore per cui lavora. Perché, innanzitutto, il capo ha dato una stanza d’albergo a Ruby (Makenzie Leigh), una principiante di bell’aspetto? E cosa accade nell’ufficio principale quando tutti gli impiegati lasciano l’edificio? E perché nessuno ne parla? Siamo tra gli uffici di una casa di produzione televisiva e cinematografica, con tanti dipendenti al servizio di un solo uomo. Dimenticate la dimensione meta-cinematografica alla Effetto notte: questo è il lato più matematico, burocratico e fiscale del cinema, una realtà di cui nessuno parla e che nel suo oscurantismo tiene stretta a sé una sequenza lunghissima di segreti osceni. La macchina da presa della Green è alla ricerca di quadri simmetrici e ben studiati, ma siamo al di fuori di qualsiasi manierismo masturbatorio. Quello che emerge da ogni inquadratura non è il piacere estetico, ma piuttosto un senso di soffocamento che incastra tutto, una claustrofobia dalla quale sembra impossibile uscire.

Il mondo di The Assistant è quello grigio di una burocrazia asettica, dove la precisione sulle scrivanie non può però garantire l’ordine morale. Un incubo all’apparenza sotterraneo ma anche palpabile e pericoloso, spina dorsale di una realtà segreta di cui tutti sanno, uomini e donne, ma che nessuno vuole nominare. Forse per paura di perdere il posto e bruciarsi così un futuro nel cinema, forse nella speranza di dimenticare e ritrovare la propria dignità, ma anche, soprattutto, perché le molestie sessuali sul lavoro sono un meccanismo assimilato (e a suo modo normalizzato) dal sistema industriale del cinema. I colleghi di Jane sembrano a loro agio con il pensiero conscio (ma inconsapevole per scelta) di una violazione continua dei diritti fondamentali dell’individuo, a favore della meccanicità del sistema industriale che annulla il singolo. In ufficio non c’è tempo per pensare al prossimo: troppe telefonate, troppi documenti da controllare, troppe carte da firmare per ricordarsi di non essere soli. In questo clima già di per sé sconfortante si muove una figura oscura, il burattinaio che gioca con le vite di tutti, un produttore che gli impiegati nominano con timore, ma schernito con affetto dai colleghi più intimi per le sue note “bravate”.

L’idea di non palesare mai la causa di ogni dubbio, ogni minaccia o paura è assolutamente vincente. Kitty Green annulla qualsiasi residuo di umanità nella sua figura tramutandola in una presenza oscura che incombe su tutti (o meglio, tutte). E intanto le aspettative sul suo conto crescono di pari passo con il terrore. Eppure, The Assistant non si tinge mai di connotazioni thriller, ma si attiene con fedeltà all’impianto del dramma psicologico negando qualsiasi spettacolarità e abbattendo qualsiasi aspettativa. Il film della Green è un film anti-hollywoodiano su Hollywood, che non palesa mai niente agli occhi dello spettatore, ma che sussurra di tutto alle sue orecchie. Dal ritmo lento e al tempo stesso ipnotico, dalla staticità impersonale alla Haneke, The Assistant è un film assolutamente peculiare sul caso Weinstein (e sui suoi simili): preciso e squallido, distaccato e coinvolgente, intelligente e inquietante. Un’opera inevitabile dopo il terremoto che ha scosso l’industria di Hollywood e che ci porta proprio nell’epicentro appena prima del grande crollo. E il merito più grande di un’operazione del genere si riscopre in quelle atmosfere raggelanti che ci circondano durante la visione, e che ci aiutano a comprendere, una volta per tutte, l’umanità che sta dietro al silenzio delle vittime.