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The Antithesis

2017
Titolo Originale:
The Antithesis
REGIA:
Francesco Mirabelli
CAST:
Crisula Stafida (Sophi Vaiani)
Karolina Cernic (Christine)
Marina Loi (Valeria)

Il nostro giudizio

The Antithesis è un film del 2017, diretto da Francesco Mirabelli

Francesco Mirabelli, già regista di cortometraggi, debutta nel lungo con l’ottimo The Antithesis (2017): per chi scrive, uno tra i migliori e più originali horror indipendenti italiani degli ultimi anni, e non a caso fresco vincitore del Premio Mario Bava come migliore opera prima al Fantafestival. Un film che desta sicuramente curiosità fra gli appassionati del genere anche per la presenza in uno strepitoso cammeo di Marina Loi, scream queen dell’horror italiano anni ’80 (Zombi 3 di Lucio Fulci e Demoni 2 di Lamberto Bava). Protagonista è una nuova icona del nostro cinema, Crisula Stafida – già apprezzata nel magnifico Tulpa di Federico Zampaglione e in Angelika di Federico Greco, ma anche al di fuori dell’horror – accanto a Karolina Cernic. La geologa Sophi Vaiani (Stafida) viene assunta da un architetto per risolvere i misteri dell’antica Villa Enskog, nello sperduto borgo di Pietra Smeralda: nella casa si manifestano strani episodi climatici, con improvvisi e inspiegabili sbalzi di temperatura. Le indagini scientifiche non conducono a nessun risultato, ma Sophi scopre che la villa era abitata nell’Ottocento da uno scienziato svedese dedito a esperimenti occulti, e che proprio nel bosco circostante, 25 anni prima, erano state uccise due ragazze. Mentre la donna sperimenta di persona gli strani fenomeni climatici e viene tormentata da incubi e visioni, nella sua vita si inserisce l’ambigua Christine (Cernic)… The Antithesis  mescola in maniera fluida una storia originale e autoriale con influenze da vari classici dell’horror, senza scadere mai nel puro citazionismo. Dario Argento è tra le fonti di ispirazione, più o meno volontarie, per Mirabelli. Innanzitutto per le splendide musiche di Claudio Simonetti, talvolta pompatissime e talvolta più lente e dal gusto arcano.

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Se l’esterno della villa (con tanto di piscina) richiama quella di Tenebre, il terrificante laboratorio dell’alchimista ricorda Inferno (così come la mano diabolica), mentre la Stafida che si muove nella villa tra luci primarie verdi, rosse e blu sulle note di Simonetti, non può che ricordare Jessica Harper in Suspiria. Argentiane sono anche le coreografie dei feroci omicidi, ma Mirabelli va oltre Argento. Anzi, va oltre ogni stereotipo: se la trama può far pensare a una classica ghost-story a base di spettri e demoni, vedremo che la vicenda prende invece una piega diversa, qualcosa che mescola il gotico con l’immaginario di Lovecraft (citato esplicitamente nel finale), mondi lontani, alieni, creature mostruose e indefinite. The Antithesis si inserisce anche in quel filone horror “cospirazionista” fatto di possessioni e predestinazioni – l’esempio più immediato, senza scomodare Rosemary’s Baby di Polanski, è Darkness di Balaguero, con tanto di ciclicità temporale –, ma anche nel gotico padano alla Pupi Avati. Il film di Mirabelli, scritto con Francesco Basso e Stefano Ricciardi, è inquietante, spaventa: la regia, ispirata, fa tesoro dei bei vecchi horror d’atmosfera (Amityville Horror, Ballata macabra), limitando i jumpscares e concentrandosi su una costruzione più sottile della paura, che si insinua subdolamente nella brava protagonista e nello spettatore. In modo graduale e fino a deflagrare nella terrificante conclusione.

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All’espressiva Crisula Stafida, al suo primo ruolo da protagonista assoluta in un lungometraggio, si unisce/oppone la sensuale Karolina Cernic, personaggio ambiguo che lo spettatore più smaliziato intuisce avere un ruolo importante: notevole anche la scena lesbo tra le due, che poteva essere spinta di più (non è osé come quella fra Claudia Gerini e la Stafida in Tulpa) ma che conserva una forte carica erotica. tra i personaggi di contorno, oltre all’anziano veggente dallo sguardo spaventoso e all’alchimista, spicca la citata Marina Loi, che con il tempo sembra guadagnare in bellezza e fascino: nel ruolo di archivista in un museo, lascia il segno sia per lo snodo nella vicenda, sia per la sua presenza scenica, misteriosa e severa, che nessun’altra attrice poteva incarnare in questo modo. Ben dosate e coreografate anche le crudeli scene di sangue: la ragazza sgozzata all’inizio, la Cernic sventrata nell’incubo, il vecchio trafitto da una lama. La sceneggiatura lascia, volutamente, dei punti oscuri, aperti alla fantasia dello spettatore: ciò che persiste è un forte senso di mistero e inquietudine, tutto circolante attorno a quell’antithesis (opposizione) del titolo, che non è solo fra caldo e freddo, ma anche tra bene e male, vita e morte, scienza e magia.