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Thanksgiving

2023
REGIA:
Eli Roth
CAST:
Patrick Dempsey (Sceriffo Eric Newlon)
Addison Rae (Gabby)
Milo Manheim (Ryan)

Il nostro giudizio

Thanksgiving è un film del 2023, diretto da Eli Roth

«I film non fanno nascere nuovi pazzi, li fanno solo diventare più creativi». Stavamo iniziando a chiederci dove fosse finito il guizzo del nostro amichevole Eli Roth di quartiere, con il regista di Hostel sempre pronto a dispensare cultura horror ma ultimamente bloccato da progetti e produzioni limitanti per il suo modo di fare cinema. Tornare indietro, spesso e volentieri, è la panacea da tutti i mali. Non solo perché Thanksgiving era il finto trailer da lui eseguito tra i tanti che facevano da arredo all’operazione Grindhouse, ma anche perché l’incisività del nostro sembrava ferma, appunto, a quel cult che lo aveva consegnato giustamente alle attenzioni della critica. Si doveva quindi tornare a una forma di leggerezza, che poi è libertà non anarchica, che rendesse Roth in grado di esprimere il suo punto di vista attraverso la macchina da presa. E con la sua ultima opera tutto ciò è stato felicemente possibile. A ciascuno il suo, insomma, anche quando si può risultare meno originali o molto derivativi.

La via di fuga diventa dunque uno slasher fatto e finito, canonico e da manuale. Un’isola felice dove Roth può giocare a fare il matto senza che nessuno lo guardi storto. Thanksgiving ha tutto: la premessa, un gruppo di persone coinvolte in un fatto di sangue, un assassino mascherato e armato delle giuste lame, un bodycount come si conviene e infine una risoluzione precisa e puntuale. Il punto rimane il modus in rebus e il nostro non delude praticamente mai. Si diceva della premessa, ossia il massacro nel megastore dove tutto ha principio: un inizio stupendo di tensione e di sangue, girato con l’inventiva e l’accuratezza di chi ormai non ha bisogno di sovrastrutture, ma solo di raccontare attraverso immagini forti e impattanti. Quindi Terrifier scostati, perché l’eccesso qui è funzionale e non preminente al racconto. Un racconto che incontra l’idea narrativa di Roth, che è cinica, sarcastica e aggressiva. La plebe e la borghesia di Plymouth, tra palestrati starnazzanti e imprenditori inetti, viene messa naturalmente alla berlina, mentre il solito gruppo di adolescenti viene punito e tormentato attraverso il più contemporaneo strumento dei social media. Soprattutto c’è la fantasia al potere che finalmente torna negli omicidi, tra tappeti elastici, seghetti elettrici per affettare il tacchino e forni a temperature cocenti. Tutto quello che volevate vedere da uno slasher, ma che negli ultimi tempi non avete più avuto la voglia di chiedere. Un sottogenere che, ecco la dimostrazione, necessita di poco per risultare ancora un’ottima base di partenza.

C’è poi la figura portante, ossia il killer con la maschera di John Carver, religioso e uomo d’affari che partì dal Regno Unito con la famosa Mayflower per costruire appunto la colonia di Plymouth. Un binomio, quello interno a questo personaggio storico, che è anche sintesi di ciò che vediamo esplicarsi lungo il racconto, laddove il potere del denaro viene combattuto da un fantasma proveniente dal passato per redimere col sangue la colpa dei suoi concittadini. In poche parole, la naturale prosecuzione di una narrativa ormai storicizzata e consolidata, pronta però per un nuovo contesto cinematografico sempre in evoluzione. E Eli Roth è il perfetto Pigmalione per un’operazione simile, dalla sua condizione di figlio putativo di un’età dell’oro che ritorna e si reverbera in ogni inquadratura. Sempre e solo per la più profana delle motivazioni, ossia l’intrattenimento e lo spettacolo. Proprio per queste ragioni, Thanksgiving riesce dove altri fallirebbero, tentando il passo più lungo della gamba. In attesa di vedere se ci potrà essere il passaggio successivo: la serialità.