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Tel Aviv on Fire

2018
Titolo Originale:
Tel Aviv on Fire
REGIA:
Sameh Zoabi
CAST:
Kais Nashif (Salam)
Maisa Abd Elhadi (Mariam)
Yaniv Biton (Assi)

Il nostro giudizio

Tel Aviv on Fire è un film del 2018, diretto da Sameh Zoabi.

Si prepara ad andare a Toronto il film della sezione Orizzonti più applaudito dal pubblico alla 75 Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Il 43enne regista Sameh Zoabi, israeliano palestinese trasferito a New York, alla sua terza esperienza dopo Family Album e Under the Same Sun, è già stato paragonato a Woody Allen. Tel Aviv On Firenonostante ciò che fa presagire il titolo, non è un film sui bombardamenti e ciò che divide, ma su quello che unisce i due popoli (gli esseri umani in genere). Usando la chiave del metacinema e della metasceneggiatura, Zoabi, che è anche coautore dei dialoghi con Dan Kleinman, intreccia di continuo realtà, fiction e farsa. Come se la trama si potesse scomporre in tante matrioska. Un film-poliedro con i lati che si rispecchiano, nel quale ciascuno vede da tante prospettive e legge su diversi piani un’avventura tragicomica. Lo si intuisce subito dal titolo: Tel Aviv in fiamme è anche quello della fiction ambientata nel 1967, qualche mese prima della guerra dei sei giorni, su cui è incentrato il film. Si gira a Ramallah e il giovane Salam, palestinese che vive a Gerusalemme, deve recarsi ogni giorno sul set  attraversando un checkpoint.

La trama si srotola tra commedie degli equivoci, ironia, passioni (anche per l’hummous) e sentimenti comuni tra israeliani e palestinesi in due Paesi divisi da mura, confini, politica e religione.“Abbiamo impiegato un anno intero a scrivere la sceneggiatura proprio perché è un genere che conosco bene: da piccolo sono stato cresciuto a soap opera che venivano trasmesse di continuo su due soli canali televisivi – dice il regista – ma volevo rendere la vita quotidiana nel mio Paese con una certa responsabilità etica e politica. I miei film precedenti sono stati definiti “eccessivamente palestinesi” o “inadeguatamente israeliani”. La stessa critica viene rivolta agli autori della fiction Tel Aviv on Fire. Tutti comunichiamo una visione del mondo per come lo conosciamo, io volevo proporre il tema del conflitto affrontando quello delle prospettive divergenti”. Il tutto servito con arguta comicità, un continuo saltellare dentro e fuori la televisione, un interrogarsi – tra film e fiction – su come si scriva una storia. La trama narra quella di un trentenne un po’ sfigato, Salam (Kais Nashif), che vuole riconquistare la ex fidanzata Mariam (la bella Maisa Abd Elhadi) e viene ingaggiato dallo zio, top executive nella produzione, per correggere la pronuncia dei dialoghi.

Salam si dimostra più bravo del previsto, tra scene grottesche riesce ad avere il ruolo di storyteller, ma non ha idea di come si faccia. Una disavventura, frutto di modi di dire diversi, lo porta a scontrarsi con il generale ebreo Assi (Yaniv Biton) al posto di blocco. Ma non tutto il male vien per nuocere: costui ha una moglie appassionata della fiction e lo aiuterà nel difficile compito di inventare le puntate successive (anche per riconquistare la moglie sorprendendola con un finale a effetto). La storia fiction ha per protagonisti una spia palestinese che arriva da Parigi, Tala (la brava Lubna Azabal) e un comandante dell’esercito israeliano (Yousef “Joe” Sweid) che lei deve sedurre e uccidere dopo aver trafugato i piani del nemico. Invece se ne innamora. E anche questa storia prende un’altra piega, come il rapporto tra Salam e Assi che si trasforma in amicizia. Il finale (quello della fiction suggerito da ciascuno in modo diverso, quello del film in procinto di cambiare a ogni scena) è un coup de tehatre a effetto, nel quale gli ammiratori hanno già visto le intenzioni del regista di proporre un sequel. O una serie. Di certo, con Tel Aviv on Fire, Zoabi apre una finestra sulla possibilità di scrivere un futuro migliore in Medio Oriente e nel mondo.