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Ted Bundy – Fascino criminale

2019
Titolo Originale:
Extremely Wicked, Shockingly Evil and Vile
REGIA:
Joe Berlinger
CAST:
Zac Efron (Ted Bundy)
Lily Collins (Liz Kendall) Kaya Scodelario
John Malkovich (giudice Edward D. Cowart)

Il nostro giudizio

Ted Bundy – Fascino criminale è un film del 2019, diretto da  Joe Berlinger.

Alla fine il buon Ted ce l’ha fatta. Ted, il sorridente ed elegante ragazzo a modo. Bundy, il sanguinario serial killer che ha massacrato oltre 30 ragazze nei più brutali dei modi. Ted, il fidanzato ideale, zelante studente di legge e aspirante politico. Bundy, un mostro sadico che collezionava le teste delle sue vittime come se fossero trofei. Il “camaleonte sociale”in grado di cambiare facilmente l’aspetto e la percezione che gli altri avevano su di lui era anche un narcisista egocentrico, al punto di licenziare i legali e auto-rappresentarsi al processo seguito dai mass-media di tutto il mondo. Perché, in fondo, poteva anche sopportare la reclusione carceraria e ammettere le sue colpe, ma di stare al centro dell’attenzione, proprio non poteva farne a meno. Una sete di fama appagata da vivo e post-mortem tramite libri, quasi una decina di film a lui dedicati, più qualche sceneggiato televisivo. Ma è solo con Ted Bundy – Fascino criminale che la figura del criminale più efferato d’America arriva addirittura a coincidere con quella del  “ragazzo che più tappezza le camere delle adolescenti”, Zac Efron, un serafico faccino pulito divenuto di fama mondiale grazie alla Disney. Mai scelta fu più azzeccata. Se già il biondino Ross Lynch ci aveva stupiti positivamente passando dalle serie Disney al ruolo del serial killer in erba nel notevole My Friend Dahmer, Efron dimostra di essere un Bundy di tutto rispetto, incredibilmente somigliante all’originale.

Ted Bundy – Fascino criminale, liberamente ispirato a The Phantom Prince: My Life with Ted Bundy, scritto dalla fidanzata Elizabeth “Liz” Kloepfer, è narrato proprio dal punto di vista di quest’ultima, una ragazza madre con la quale Ted instaura una relazione apparentemente idilliaca. Così come nel film-tv Ted Bundy – Il serial killer i fatti venivano narrati dal punto di vista di Ann Rule (autrice del best seller “Un estraneo al mio fianco”), sua amica ed ex poliziotta incredula e scioccata per non aver mai capito con chi avesse a che fare, Berlinger ci immerge nella lenta presa di coscienza di Liz (Lily Collins), accompagnata da un crescente terrore e un’inevitabile senso di colpa. Realtà che la ragazza cerca di negare fino all’ultimo, preferendo stordirsi con l’alcool piuttosto che accettare di non aver mai capito chi fosse realmente l’uomo che ha sempre amato. E in effetti, a sostegno di questa negazione, Ted non viene mostrato (quasi) mai durante il compimento di un crimine, approccio diametralmente opposto alla pellicola exploitation Ted Bundy di Bright . Efron, seppur con uno sguardo conturbante, non appare minimamente malvagio e vile come cita il titolo originale del film (Extremely Wicked, Shockingly Evil and Vile), che riporta le parole del giudice Cowart (John Malkovich) pronunciate durante la condanna a morte.

Complice la sicurezza e il carisma di Bundy/Efron, la cieca fiducia di Liz e la schiera di groupie urlanti presenti al processo, persino lo spettatore più informato sui fatti inizia a mettere in dubbio la reale colpevolezza del criminale, aspettando uno dei finali più noti di sempre che, nonostante tutto, riesce a stupirci per come viene rappresentato e, a tratti, romanzato. Il distacco documentaristico già presente nella docu-serie Netflix, Conversazioni con un killer: Il caso Bundy, sempre diretta da Berlinger, si percepisce anche in questo biopic che riproduce meticolosamente interviste e dichiarazioni di giudici, famigliari e del serial killer stesso. Non c’è la volontà di scavare nella psiche per capire le motivazioni che hanno portato un ragazzo qualunque a divenire un mostro, scelta azzeccata che palesa un’agghiacciante presa di coscienza: una rassicurante spiegazione, in realtà, non c’è. Apparentemente Ted Bundy – Fascino criminale è confezionato come un film incentrato sul dolore di una donna che ha vissuto per anni un inganno, premessa da cui presto si distacca focalizzandosi sul carisma di un criminale che sembra essere riuscito a distillare il profumo dell’innocenza, come il protagonista del romanzo di Süskind, seducendo lo stesso Berlinger e diventando un’icona pop al pari di Michey e Mallory, i protagonisti di Natural Born Killer, adorati da una società sedotta dalla fama, ossessionata dal crimine e consumata dai media.