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Sweet Home

2020
REGIA:
Lee Eung-bok, Jang Young-woo, Park So-hyun
CAST:
Song Kang (Cha Hyun-soo)
Lee Jin-wook (Pyeon Sang-wook)
Lee Si-young (Seo Yi-kyeong)

Il nostro giudizio

Sweet Home è una serie tv del 2020 creata da Lee Eung Bok, Jang Young-Woo e Park So-Jung.

Una piaga terribile si abbatte sulla Corea: le persone iniziano a trasformarsi in mostri disumani dopo aver manifestato una serie di sintomi, tra cui un abbondante sanguinamento dal naso. Gli abitanti di un casermone si asserragliano nel tentativo di difendersi dalle creature. Chiusi nell’edificio, i condomini avranno modo di confrontarsi fra loro e con i mostri, mentre all’esterno la situazione peggiora di ora in ora, e la nazione entra in stato di emergenza. Sweet Home ha un grande punto di forza che è al contempo uno dei suoi punti deboli: l’adesione a un modello classico, visto e rivisto, il derivato dello zombie movie in cui l’assedio esterno fa da contrappunto alla feroce contrapposizione tra i sopravvissuti che tirano fuori i loro impulsi più profondi. La trama, quindi, manca in originalità, ma questo non è per forza un male. Anzitutto, la caratterizzazione dei personaggi, approfondita al punto che in più di un passaggio si ha l’impressione di trovarsi di fronte a una serie character driven, sviscera una moltitudine di protagonisti, gestendoli ottimamente dando a ognuno il giusto spazio nonostante siano davvero tanti,  riuscendo a renderli interessanti grazie a un’esplorazione efficace e mai troppo compiaciuta della loro natura.

Eppure la serie è character driven solo in parte. Quando si passa all’azione la tensione sale, il ritmo ingrana la quarta e, nonostante il budget contenuto, la narrazione è ricca di momenti avvincenti, combattimenti interessanti e un’atmosfera credibile, che trova una sua voce all’interno di un genere ormai inflazionato. Questo continuo variare, da un crescendo a una brusca scalata di marce su ritmi più lenti, rende Sweet Home una serie che tiene lo spettatore sulla corda impedendogli di abituarsi troppo a un singolo registro pur evitando quell’eccessivo effetto ottovolante che rischia di disorientare chi non ha una motivazione tale da arrivare al finale. Anche gli espedienti più classici come la bodycount funzionano perché le vittime non sono sempre e comunque scontate, e dispiace quando uno dei protagonisti muore, proprio perché fino a quel momento lo spazio per apprezzarlo non è mancato.

Un’altra nota positiva è la colonna sonora, ottima soprattutto nelle scene action che vengono sottolineate, anzi, pompate a dovere, scene che tra l’altro non si tirano indietro affrontando un CGI forse non sempre all’altezza, ma comunque coraggiosa nel non voler mai tirare indietro di fronte a una serie massimalista ed esigente per quanto riguarda la parte visuale. Che Sweet Home non sia un kolossal è abbastanza chiaro, ma forse proprio per questo si gioca le sue carte senza timore, spingendo sull’acceleratore quando serve e con una grande voglia di divertire che si percepisce forte e chiara in ogni momento della visione.