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Summer of ’84

2018
Titolo Originale:
Summer of ’84
REGIA:
François Simard, Anouk Whissell, Yoann-Karl Whissell
CAST:
Graham Verchere (Davery)
Judah Lewis (Tommy)
Caleb Emery (Woody)

Il nostro giudizio

Summer of ’84 è un film del 2018, diretto da Anouk Whissell, François Simard e Yoann-Karl Whissell

Ah, i magici, fantastici, gloriosi anni Ottanta! Decennio mitologico divenuto autentico culto audiovisivo anche per quelli che come noi, poveri disgraziati, lo hanno mancato per il soffio di una decade, costretti a venire al mondo all’ombra degli ipocriti tempacci delle fellatio subscrivaniche di Bill Clinton e compagnia. E così, nell’immenso mare magnum delle glorificazioni cine-filmiche (più o meno spocchiose) partorite da millanta e più sedicenti figliocci e nipotacci dei furono Craven, Dante e Spielberg, solo dei tipacci come quelli della premiata ditta RKSS – al secolo Anouk Whissell, François Simard e Yoann-Karl Whissell potevano, da duri e puri eighties quali sono, partorire una squisitissima e intelligentissima memorabilia di genere come Summer of ’84. Se già con il sorprendente Turbo Kid la triade registica aveva dimostrato di avere al contempo talento tecnico e cognizione di causa nel trastullarsi allegramente con i codici e stilemi del bel cinemino d’altri tempi, per poi scagliarlo senza ritegno in una modernità post-apocalittica folle, visionaria e a suo modo tenerella, questo nuovo atteso lungometraggio non può che confermare i buoni propositi precedentemente apparecchiati, facendo della sana ruffianeria nostalgica made in USA il motore trainante di un’avventura degna di un brillante racconto kinghiano dove amicizia, mistero e tensione d’ordinanza vanno perfettamente a braccetto con un sapiente citazionismo mai fine a sé stesso.

Calorosamente accolto al Sundance Film Festival 2018, Summer of ’84 narra, come esplicitato più che chiaramente dal titolo stesso, l’avventurosa estate reaganiana vissuta dal giovane Davery (Graham Verchere), spensierato quindicenne dell’Iowa appassionato di misteri e ufologia che, scrutando voyeuristicamente dalla propria personale Finestra sul cortile come un novello porcaccione James Stewart, finisce per convincersi che il mite vicino di casa poliziotto (Rich Sommer) altri non è che uno spietato serial killer intento a mietere vittime nelle tranquille vicinanze cittadine. Eccitabili fantasie adolescenziali a parte, l’imberbe ragazzotto e la sua cricca di amici composta dal cicciotto Woody (Caleb Emery), dal ribelle Tommy (Judah Lewis, The Babysitter) e dal pel di carota occhialuto Curtis (Cory Gruter-Andrew) si rendono presto conto che qualcuno di poco raccomandabile sta davvero dandosi alla pazza gioia con mannaia e tronchesi, costringendoli a una rischiosa quanto eccitante investigazione improvvisata dai risvolti del tutto inattesi. Differentemente dal postmodernismo tarantiniano che fagocita il classico per rigurgitarlo in un contemporaneo volutamente sopra le righe, Summer of ’84 decide, invece, di piantare saldamente le radici entro i confini tematici e stilistici di uno specifico spazio-tempo vintage, divenendo un autentico distillato nostalgico e celebrativo che, tra (stereo)tipi ultra codificati e deliziose incursioni citazioniste da cultura pop-nerd di prim’ordine – tra cui il famigerato culto gaming-metropolitano dell’oscura consolle arcade Polybius – riesce a trovare un miracoloso equilibrio tra ognuna delle proprie componenti.

Mentre gli iconici techno-fraseggi di sintetizzatore tessono passo passo atmosfere ormai inconfondibili anche per i figli del Ventunesimo secolo, in perfetta sincronia con l’altrettanto memorabile ticchettio dei raggi delle inconfondibili custom bikes, il pericoloso spauracchio, maliziosamente sempre in agguato, di un ennesimo Stranger Things viene brillantemente dissipato da una fortissima ed evidentissima identità estetico-narrativa che permette alla scopofilia feticistica di Hitchcock di incontrarsi, senza troppi grattacapi, con i perturbanti universi immaginifici di un buon Carpenter d’annata. Perfettamente diviso fra una prima parte dichiaratamente filologico-evocativa e un secondo atto in cui la suspense generata dalla detection prende saldamente in mano le redini della baracca in vista di un epilogo fra i più amari della cinematografia tout court, Summer of ’84 non può che farci rimpiangere il bel mondo (e il bel cinema) che fu, quando ancora la grandezza dello schermo si misurava in metri e l’unico modo per vedere un buon film era quello di smuovere le flaccide chiappone e comprare un biglietto da qualcuno ancora in grado di guardarci negli occhi.