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Suicide Tourist

2019
Titolo Originale:
Selvmordsturisten
REGIA:
Jonas Alexander Arnby
CAST:
Nikolaj Coster Waldau (Max Isaksen)
Tuva Novotny (Lærke)
Sonja Richter som (Dinesen)

Il nostro giudizio

Suicide Tourist è un film del 2019, diretto da Jonas Alexander Arnby.

Quando ci si appresta a vedere un film del danese Jonas Alexander Arnby, un po’ prevenuti lo si è, perché Arnby è uno di quelli che, pur amando il cinema di genere e volendo frequentarlo, lo affronta con piglio snob e “autoriale”, nel senso che vuol dimostrare di saper giocare con una materia bassa per plasmarla in qualcosa con molte pretese. Lo aveva già fatto con il suo film d’esordio When Animals Dream (Når dyrene drømmer) del 2014 e con Suicide Tourist le ambizioni si fanno inevitabilmente più grandi, potendo contare su un protagonista, Nikolaj Coster-Waldau, che ha dimostrato di avere presa sul box office anche fuori da Il trono di spade. Quindi c’è da essere prevenuti il doppio. Infatti… Un importante uomo d’affari, ricco, bello, carismatico (Coster-Waldau), sta attraversando una crisi di mezza età e a risentirne è soprattutto il rapporto con la fidanzata. Un giorno le cose si complicano drammaticamente quando l’uomo sviene in ufficio. Le analisi mediche sono spietate: un tumore al cervello in fase terminale se lo porterà via a breve.

Che allegria. L’uomo viene a conoscenza di un istituto dove si pratica la morte assistita. Potrebbe essere una soluzione rispetto allo sfiorire in uno squallido letto di ospedale. Il dilemma lo attanaglia. Che fare? Che dire alla sua amata? Alla fine decide di accettare l’offerta dell’istituto. Firma un contratto dal quale, una volta entrato, non potrà più recedere, cioè non è possibile cambiare idea. Nell’istituto vivrà momenti felici con tutti i confort che più ama, esaudendo tutti i suoi desideri (compreso un’attrice che si presta a impersonare la sua donna per un’ultima cena). Quando un altra paziente dell’istituto, però, decide di fuggire e viene freddata senza pietà con un colpo di fucile alla schiena, qualcosa scatta nell’uomo che, oltre a tentare la fuga, decide di scoprire i segreti del luogo. Sembra interessante ma non lo è, perché al di là del deludente twist finale, tutta la riflessione sulla vita e la morte messa in scena da Arnby si rivela il prevedibile pretesto per raccontare una storia degna al massimo di un episodio di Ai confini della realtà.