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Studio 666

2022
REGIA:
BJ McDonnell
CAST:
Dave Grohl (se stesso)
Nate Mendel (se stesso)
Pat Smear (se stesso)

Il nostro giudizio

Studio 666 è un film del 2022 diretto da BJ McDonnell.

È un film che senza la pandemia del Covid molto probabilmente non ci sarebbe stato. In assenza di lockdown, infatti, i Foo Fighters avrebbero semplicemente intrapreso i loro soliti tour in giro per il mondo per far scatenare i fan ai concerti. Invece nell’abbondanza di tempo ritrovatasi tra le mani, Dave Grohl decide di scrivere una horror comedy vecchio stampo, ispirandosi interamente all’ambientazione lugubre della villa in cui la band aveva registrato l’album Medicine at Midnight. Il barometro della storia oscilla vorticosamente tra lo splatter, la farsa, il citazionismo cinefilo e l’elogio promozionale, ed è un gioco facile individuare quali siano i contributi dati allo script da parte di Jeff Buhler, autore, tra le altre cose, del più recente adattamento di Pet Sematary e di Midnight Meat Train, che è possibile intravedere nella parte horror, e da parte di Rebecca Hughes, che ha messo a disposizione la sua esperienza nella commedia televisiva e cinematografica per inserire una buona dose di humor. E poi ci sono i Foo Fighters, l’intera compagnia, ancora al completo prima della prematura dipartita del batterista Taylor Hawkins, che, pur non avendo alcuna esperienza di recitazione, si mettono in gioco – in maniera più o meno seria – semplicemente interpretando se stessi durante un blocco creativo.

Grohl è pressato dal proprio impresario per ultimare il decimo album della band. Il frontman pretende però uno studio diverso dal solito per poter creare un sound nuovo e l’impresario gli procura una villa a Encino, che in passato è stato teatro dell’eccidio di un’altra band. Inizialmente la scelta della location sembra risvegliare la creatività della band, ma lentamente Grohl viene attirato da alcune presenze soprannaturali che tramite un libro, praticamente un gemello del Necronomicron della Casa di Raimi ma scritto dal satanista Aleister Crowley, vogliono aprire un portale e invadere la nostra realtà. Con l’aiuto dell’avvenente vicina di casa (Whitney Cummings), gli altri componenti della band cercheranno di salvare l’amico dai demoni che gli hanno ridato l’ispirazione creativa, ma allo stesso tempo lo hanno trasformato in un cannibale omicida. In mezzo, ovviamente, tante sessioni musicali che rischiano di dare l’impressione di assistere a un videoclip dilatato in maniera esorbitante. Ma tra le interpretazioni dilettantesche e poco convinte (Pat Smear in particolare dà costantemente l’impressione di stare in scena solo per fare un favore a un amico), si fa strada un buon gusto per le atmosfere retrò. Lo splatter osceno e l’inventiva nelle scene truculente rendono la visione piuttosto piacevole e movimentata. Niente ci viene risparmiato, tra scene di cannibalismo, procioni a cuore aperto che ricordano i cani dell’incubo della Bolkan in Una lucertola con la pelle di donna, sventramenti dettagliati e sbudellamenti vari, in un atto di amore, che sia voluto o meno poco importa, al vecchio gore artigianale.

Nel vortice citazionista che circonda l’intera storia non manca un divertente cameo nel ruolo di un sound designer da parte di John Carpenter, autore con il figlio Cody delle musiche del film, che si fa accompagnare da un aiutante con una benda all’occhio, come Jena Plissken. Molto meno bene funziona il lato comedy: è vero che la band e Growl su tutti non si tirano mai indietro nel prendersi in giro e sulla carta l’apparizione alleniana di Lionel Ritchie a interrompere un tentativo di plagio poteva pure funzionare, ma l’atmosfera da farsa fa scadere presto le poche buone intuizioni surreali in situazioni pecorecce. Anche le velleità metaforiche, con il solito discorso dell’anima dell’artista venduta al diavolo in nome della creatività, non fanno neanche in tempo ad accendersi. Ma come mix di rock e horror, accoppiata mai sbagliata, Studio 666 fa il suo sporco lavoro e il regista BJ McDonnell, che già con Hatchet III aveva dimostrato di essere affine alla materia splatterosa, riesce a rendere accettabile e persino accattivante quello che poteva facilmente trasformarsi in uno scherzo tra amici, e tanto basti.