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Sportin’ Life

2020
REGIA:
Abel Ferrara
CAST:
Willem Dafoe (sé stesso)
Abel Ferrara (sé stesso)
Paul Hipp (sé stesso)

Il nostro giudizio

Sportin’ Life è un documentario del 2020, diretto da Abel Ferrara.

Girato in buona parte nei locali della Potsdamer Platz alla Berlinale 2020 dove presentò Siberia, ma anche a Roma, sua attuale dimora, Sportin’ Life, il docufilm presentato a Venezia 77 da Abel Ferrara, è una sorta di frenetica mitragliata di immagini, montate con il gusto trasgressivo del regista de Il cattivo tenente, suo capolavoro indiscusso, che si mischiano, in un cocktail micidialmente diabolico, a immagini di repertorio acciuffate qua e là dai tiggì americani o girate ad hoc, ma anche di film suoi (e non) dai quali vengono estrapolati momenti significativi di performance di Forest Whitaker piuttosto che di Christopher Walken: immagini spesso cattive, crude, come quelle degli effetti del Covid a NYC; delle tombe di massa ad Hart Island; dei malati buttati per terra nei corridoi degli ospedali; di quella, universale, di papa Francesco, mostrato in una desolata piazza San Pietro con il solo ostensorio a fargli da compagno; dei mercati cinesi di Wuhan zeppi di cani morti pronti per essere mangiati, di pipistrelli o di serpenti a fette; delle balle raccontate da Trump sulla pandemia e del suo immunologo Anthony Fauci che lo contraddice; di Bush junior, oggi nemico dell’attuale presidente, che, già tempo fa, metteva in guardia sui pericoli di una mancata prevenzione sanitaria; o della bella dottoressa di colore che manifesta la propria disperata impotenza davanti ai cadaveri che affollano l’ospedale in cui lavora; nonché degli scontri fra neri e polizia dopo l’omicidio di George Floyd, scena che ha girato il mondo e che conclude il documentario.  

Sportin’ Life, però, non è solo questo. È anche, oltre che un esplicito appello agli idioti complottisti di seguire le misure di prevenzione anti Covid, il racconto di un percorso di amicizia e di un intenso rapporto professionale fra Ferrara e il suo attore feticcio Willem Dafoe raccontato dal regista (e viceversa), ma anche attraverso le tante interviste berlinesi da parte di critici e giornalisti, non sempre brillanti nelle domande intellettualoidi sui percorsi creativi dei due o sull’influenza della loro amicizia sull’improvvisazione artistica o ancora sui rapporti sul set fra  regista e attore. Non mancano, montate con sapienza creativa da Leonardo Daniel Bianchi e Stephen Gurewitzan, vecchi filmati vagamente trash di cantanti americani anni 50, il tutto alternato a jam session improvvisate dalla band di Ferrara, alla chitarra, insieme con Joe Delia e Paul Hipp e, spesso, anche la moglie di Ferrara e Dafoe che salgono sul palco a cazzeggiare. Le frequenti riprese della  figlioletta Anne impegnata in mille giochi potrebbero essere un elemento di speranza per il futuro dei tempi bui che stiamo vivendo. Eppure, loro, gli anticristi per eccellenza, mostrano spesso immagini del Gesù crocifisso e persino di Padre Pio. 

L’intera operazione è griffata Saint Laurent nell’ambito del progetto Self curato dal direttore creativo del gruppo Anthony Vaccarello che da tempo lavora sul rapporto fra artisti, arte e società contemporanea. Un marchio francese così raffinato contrasta un po’ con la rudezza e l’hard rock dell’intero docufilm, ma tant’è, il prodotto finale è suggestivo, inquietante e ti fa uscire dalla sala con un groppo alla gola.  Bello rivedere scene tratte da The Addiction, Pasolini, Go Go TalesMary, 4.44 e quelle tratte dal desolante Siberia del quale si sente dire, da un critico cinematografico (fuori campo): «È un’ora che seguo il film, ma, sinceramente, non me la sento di restare in sala per vedere un pesce che parla». Un pesce, infatti, parla, eccome,in Siberia (e il documentario lo mostra), ma aver inserito quella battuta senza sentirsene offesi, non può non rendere merito a Ferrara & C. Il regista, presente a Venezia e omaggiato con il premio Jaeger-LeCoultre, dimostra, oggettivamente, molti anni in più dei suoi 68, ha i denti devastati, ma un incredibile carica di entusiasmo. D’altra parte, sembra aver detto stop alle droghe, dopo un lungo periodo di totale disintossicazione. Un docufilm incasinato, Sportin’ Life, complesso e crudele, spesso persino arruffato, ma che colpisce al cuore.